Negli ultimi giorni si è parlato molto di genitori over 50-60. C’è stato il caso della coppia alla quale, secondo una decisione del Tribunale per i Minori di Torino, è stata tolta la loro figlia naturale di un anno e mezzo perché considerati genitori inadatti o forse troppo anziani (il padre ha 70 anni e la madre 57). Mi domando come si possa togliere una figlia dalle braccia dei suoi genitori e darla in adozione. Non è questo il caso di una figlia che viene spontaneamente abbandonata dai suoi genitori. E’ la storia piuttosto di una figlia desiderata a lungo e con tanta voglia di essere amata. Se questi genitori sono imperfetti, come molti lo sono perchè credo sia questo il mestiere più difficile, potranno semmai essere affiancati da aiuti specifici. Pensiamo a quanti genitori accompagnano i loro figli da specialisti, da psicoterapeuti per chiedere aiuto. Ma qualcuno si è chiesto se questa figlia, che oggi si dice di voler tutelare, non possa ritrovarsi un giorno con delle problematiche serissime perchè non ha potuto conoscere i suoi genitori che tanto l’hanno desiderata?

C’è stato poi il caso della mamma salernitana, anche lei cinquantasettenne che ha dato alla luce due gemelline con una gravidanza trascorsa con non pochi problemi. Ma le gravidanze ottenute in età avanzata sono state in realtà non solo negli ultimi giorni, ma direi negli ultimi anni, oggetto di enormi dibattiti e controversie. Pensiamo anche quanto fece parlare l’anno scorso la nascita di Penelope, figlia di Gianna Nannini.

Due sono le scuole di pensiero su questo tema: da una parte coloro che sono contrari alla maternità in età avanzata sulla base dei rischi per la salute che possono intercorrere sia per la mamma che per il bambino e che pensano che questi genitori, in particolar modo le mamme, non possano prendersi cura del proprio figlio a lungo. E poi ci sono coloro che ritengono invece che diventare genitori sia un diritto fondamentale, ed è l’impegno per il benessere del bambino e non l’età ciò che conta. Sono numerosi i casi, sia in Italia che all’estero, di figli ormai maggiorenni cresciuti dalle cosiddette “mamme-nonne”. E sembrerebbero ragazzi sereni. Chi ha ragione allora?

Al congresso europeo dell’Eshre, la società europea di riproduzione umana ed embriologia, che si è svolto lo scorso luglio a Stoccolma e in cui si sono riuniti 9.000 specialisti da 115 paesi del mondo, è stata presentata una ricerca che indica le possibilità di aumento di alterazioni cromosomiche nei casi di stimolazione farmacologica su donne non più giovani. Interessante notare però che l’Eshre ha inteso per “donne anziane” le over 35, cioè l’età in cui spesso in Italia si comincia a pensare di poter avere un figlio. Nella società di oggi la ricerca del primo figlio si è infatti spostata in età più avanzata rispetto ad anni passati. E il risultato è l’indebolimento della fertilità. La costruzione della famiglia stessa sembra essere rimandata. E forse è proprio la società a non far nulla per aiutare le famiglie: precarietà sul lavoro, poche agevolazioni per le scuole, alti costi per crearsi una casa e molto altro ancora.

Ma è l’età avanzata per la ricerca di un figlio ad accendere i dibattiti o il fatto che nella maggior parte di questi casi si ricorre alle tecniche di fecondazione assistita? Certo è che fino a qualche anno fa, quando erano soltanto gli uomini ad avere figli anche ad 80 anni con donne più giovani, nessuno ha aperto bocca. Non si è  mai parlato del futuro dei bambini nati da padri ottantenni, magari al loro terzo matrimonio. Però se è la donna ad averne uno dopo i 50 ecco che subito piovono le critiche. Se deve esserci quindi una “regolamentazione” che tuteli il nascituro, è bene che ci sia per entrambi i sessi. Se si pensa che una donna over 50 non possa garantire le dovute attenzioni per il proprio figlio, lo stesso credo valga per un uomo over 50.

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