Il Caffe Plattì, con l’accento sulla “i” che però i nativi locali sistemanticamente ignorano, è uno dei più belli di Torino. E’ vicinissimo al Liceo d’Azeglio ed era lì che i maturandi offrivano dopo l’orale un rinfresco ad amici a parenti. L’ho fatto anch’io, tanti anni fa. Stamattina il Caffè Plattì era aperto. Anche ieri, che era domenica, ha accolto i torinesi desiderosi di un tramezzino con i carciofini oppure di un bicerin pomeridiano, anche se il clima si sarebbe conciliato meglio con una coca ghiacciata.

E’ rimasto aperto senza fare una piega nonostante in mattinata una signora avesse deciso di chiudere i suoi giorni terreni sparandosi un colpo nelle toilette del locale. Pare che in pochi si siano alzati dopo aver udito il colpo; e che gli altri abbiano guardato con un certa curiosità l’ambulanza e le forze dell’ordine che molto subalpinamente effettuavano i rilievi del caso dopo aver parcheggiato nell’androne del portone a fianco, prima di riposare lo sguardo sul giornale che stavano leggendo.

Ha detto la titolare: Mica potevo chiudere, aspettavo una comitiva di 100 turisti”. E che pofforbacco. Nell’Italia decerebrata che Crialese ha dipinto così bene nella scena di Terraferma in cui i bagananti restano perlopiù al loro posto sul lettino mentre il mare sbatte sulla battigia ai loro piedi migranti in punto di morte ci vogliamo mica sorprendere se nella civile Torino, a 50 metri dal liceo di Pavese, Pajetta, Massimo Mila etc etc paciosi torinesi sorseggiano un caffè mentre al loro fianco pietosi addetti spazzano via pezzi di materia cerebrale dello specchio d’antan del bagno femminile: ci sono 100 turisti da sfamare e a cui raccontare come è stato difficile restaurare gli stucchi del soffitto. Nell’Italia, e ahimè anche nella Torino, dove pietà l’è morta, una signora suicida non merita nemmeno un po’di silenzio. E’ morto qualcuno? Una volta si diceva: una prece. Adesso: un cappuccino con poca schiuma, prego.

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