Che fare a Lampedusa? Le immagini del film Terraferma in programmazione nelle sale – la generosità che scatta tra le persone, il vecchio codice del mare dell’ospitalità – vengono aggiornate e contraddette dalla rivolta dei tunisini reclusi e dagli scontri seguenti.

Tunisini sbarcati, lampedusani, poliziotti sono a diverso grado tutti vittime della stessa situazione. Sembra inutile illudersi che la polizia tunisina possa evitare il proliferare delle partenze, ammesso che sia giusto. Il punto è che non si può semplicemente sbattere la porta in faccia alla pressione migratoria dalla Tunisia: se non c’è nessuno sportello aperto, ma solo un portone chiuso, si rischia che la pressione lo abbatta. La domanda da farsi non è su quanti tunisini sono sbarcati da gennaio, ma su quanti visti regolari l’Italia ha concesso ai tunisini per entrare regolarmente. La cifra non la so, ma credo non si distanzi dalle poche migliaia (qualcosa nel decreto flussi, qualche ricongiungimento familiare).

Possibile che non si riesca a immaginare qualcosa di diverso, un sistema che dia almeno qualche speranza di poter viaggiare col visto, e che quindi dia un senso alla pretesa che chi vuole tentare la fortuna in Europa si metta in coda ? Oltretutto sarebbe conveniente, credo. Quanto ci costa questo disumano e sgangherato apparato repressivo di Cie e rimpatri forzati? Chiedo scusa per il ragionamento rozzo: ma se migliaia di giovani poveri tunisini trovano più di mille euro a testa da dare agli “scafisti” per una traversata rischiosa sul barcone, potrebbero darne anche un po’ di più allo Stato italiano – almeno come garanzia, una sorta di cauzione – per arrivare in Italia con un visto di ricerca lavoro, che duri qualche mese.

Non si eliminerebbe del tutto la pressione a una immigrazione “clandestina” cioè senza visto, ma la si ridurrebbe al punto di poterla governare più facilmente. Altre idee?

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