Due milioni e seicento mila euro l’anno di affitto, tutti a carico dei contribuenti. Per un prezzo del genere ci si aspetterebbe almeno un po’ di decoro. Macché. L’edificio del ministero dello Sviluppo economico di via Giorgione 2/b a Roma, costa caro e cade anche a pezzi. L’elenco dei disservizi è lungo: ascensori che non funzionano, grovigli di fili elettrici senza canaline di copertura, rubinetti che perdono, porte tagliafuoco difettose o ostruite da mobili e pc fuori uso. Così mentre i contribuenti pagano, già sono stati spesi circa 8 milioni di euro, il governo sembra essersi scordato che esiste da tempo una soluzione alternativa allo spendi e spandi. Una soluzione meno onerosa, nuova nuova e completamente gratuita. E, per di più, a poche centinaia di metri dalla sede attuale.

In teoria, la dismissione del palazzo di via Giorgione doveva avvenire nel 2008. “Il personale doveva essere trasferito tutto nella vicinissima sede demaniale di viale America, all’Eur. E, invece, tre anni, una manovra lacrime e sangue e tanti tagli annunciati dopo, lo Stato ha continuato e continua a versare annualmente il canone alle Assicurazioni Generali, proprietari dell’edificio”.

La denuncia arriva da Marco Marzocchi, responsabile Uil del ministero dello Sviluppo economico (Mise) che, oltre a polemizzare sull’atteso (ma mai completato) piano di risparmi enfatizzato “come un grande successo” dall’ex ministro Claudio Scajola, ha presentato un esposto alla Asl “perché la sede del ministero è indecorosa”.

Il contratto di affitto stipulato tra Mise e Generali è scaduto tre anni fa. Ma i contribuenti continuano a pagare il canone. “Gli oltre 40mila dipendenti – spiega Marzocchi – sarebbero dovuti passare tutti nell’altra sede, nell’immobile di Stato. Due piani sono già stati ristrutturati e sono pronti ad accoglierci. Invece paghiamo ancora per via del Giorgione”. Come mai? “Il governo si è scordato di includere nel piano di risparmi i soldi del trasloco: ci mancano tra i 300/400mila euro per spostare i nostri archivi da un palazzo all’altro”. Sembra una barzelletta, ma tant’è. E il ministro Paolo Romani? Che dice? “Il ministro – continua Marzocchi – più di una volta ha promesso a noi del sindacato che avrebbe preso in mano la situazione, ma oggi siamo ancora qui e chissà fino a quando”.

di Giulia Cerino

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