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illustrazione di Portos

Mettere una bella fetta del nostro debito pubblico nelle grinfie del Dragone Rosso? C’è chi storce il naso. Gli imbecilli. Chi se ne intende invece ne è entusiasta. Stiamo parlando dei clan napoletani che da anni contrabbandando ogni sorta di rifiuto tossico in partnership con le Triadi cinesi e si trovano benissimo. “Sono sempre sorridenti, garbati e puntuali nei pagamenti”, ci dice un boss-imprenditore che vuole restare anonimo almeno fino alle prossime elezioni. “C’è chi li schifa perchè mangiano cani e serpenti”, aggiunge il suo ragioniere-killer assolto in cassazione, “sempre meglio di come fanno la pizza a Roma o a Milano”.

Ma fuor di battuta un dato è fuor di dubbio: a mettersi in affari coi musi gialli si fanno soldi a palate. Qualche numero: 2 milioni di tonnellate il traffico illecito di rifiuti nel 2010, pari ad oltre 82 mila camion pieni di spazzatura (contenenti cromo esavalente, mercurio, arsenico e quisquiglie simili), che se messi uno dietro l’altro coprirebbero la tratta Reggio Calabria-Milano lunga 1.117 chilometri per un valore di circa 20 miliardi di euro.

Secondo l’ultimo rapporto presentato da Legambiente poi, Il 60% di questi sono diretti in Cina, il 12% in Corea del Sud, il 10% in India, il 4% in Malesia e il resto è mancia. I porti d’imbarco? Bari, Brindisi, Taranto, Salerno ma a fare la parte del leone è, nemmeno a dirlo, il porto di Napoli, dove il mistero dei container che partono vuoti da Molo Beverello ed arrivano pieni nel Mar Giallo, ha finalmente fatto muovere la Procura.

Il sospetto dei giudici appena scesi dal fico è infatti che i colossi cinesi del trasporto via mare che operano nel Mediterraneo, risentendo della crisi mondiale, una volta scaricato il Made in China alle falde del Vesuvio, si ritroverebbero a fare il viaggio di ritorno con i container mezzi vuoti. Perchè non riempirli con computer fuori uso, rottami di elettrodomestici, plastiche non riciclabili, rifiuti elettrici e altri scarti tecnologici che noi italiani produciamo per non meno di 900.000 tonnellate l’anno?

A questa ingenua domanda rivolta loro dagli intraprendenti ecomafiosi nostrani, pare che molti non meno intraprendenti affaristi dagli occhi a mandorla abbiano risposto con vivo entusiasmo… anche perchè per loro l’affare mica finisce lì! Una vota scaricati in Cina infatti, quegli stessi rifiuti pieni di veleni che a casa nostra non sono riciclabili se non a costi elevatissimi, a casa loro, al termine di una lavorazione, secondo le norme sanitarie di qualunque paese al mondo, criminale, diventano giocattoli, utensili, abiti ed accessori che vanno nuovamente a riempire i loro container, quindi le nostre strade, le nostre case e le stanzette dei nostri bambini.

Nulla da dire: un circolo virtuoso che si chiude trasformando la merda in oro. Esattamente quello che spera di fare Tremonti con i nostri bond dallo spead spaziale. Solo che allo stato dell’arte, l’oro resta in Cina (e nelle tasche dei boss di camorra), e nella merda ci finiamo sempre noi fino al collo.

di Enrico Caria

da Il Misfatto, inserto satirico de Il Fatto quotidiano, 18 settembre 2011

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