I dati Istat disponibili segnalano tre diversi tipi di violenza a carico delle donne:

– violenza fisica graduata dalle forme più lievi a quelle più gravi: minaccia di essere colpita fisicamente, essere spinta, afferrata o strattonata, essere colpita con un oggetto, schiaffeggiata, presa a calci, a pugni o a morsi, tentativi di strangolamento e soffocamento, ustione, minaccia con armi;

violenza sessuale di situazioni in cui la donna è costretta a praticare o subire contro la propria volontà atti sessuali di diverso tipo: stupro, tentato stupro, molestia fisica sessuale, rapporti sessuali con terzi, rapporti sessuali non desiderati subiti per paura delle conseguenze, attività sessuali degradanti e umilianti;

violenza psicologica mediante denigrazioni, controllo dei comportamenti, strategie di isolamento, intimidazioni, forti limitazioni economiche subite da parte del partner.

In soldoni il 31,9 %, pari 6 milioni 743 mila donne, è vittima di violenze così ripartite: il 23, 7%, cinque milioni di donne, ha subito violenza sessuale; il 18,8%, quasi altri quattro milioni di donne, ha subito violenze fisiche; il 4,8%, pari a un milione di donne, ha subito stupri o tentati stupri per lo più tra le pareti domestiche; il 18,8%, pari a 2 milioni di donne, ha subito comportamenti persecutori (stalking); 7 milioni 134 mila hanno subito violenza psicologica.

Oltre a questa verificabile & verificata violenza, ne va aggiunta un’altra più subdola e meno verificabile, ma non per questo meno perniciosa per le donne che la subiscono in silenzio, lontano dal glamour di riflettori statisticamente & stiticamente scandalizzati q.b. – quanto dovrebbe bastare per stigmatizzare una forma di violenza che si concretizza nella costrizione domestica riservata a donne sole provviste di prole, separate, divorziate o single che siano.

Prendiamo per esempio AA, 45 anni, separata e in attesa di divorzio da NN, un libero professionista senza redditi dichiarati e domicilio legale presso il suo avvocato… Inutile dire che al nome del suddetto non risultano immobili né mobili come l’auto, della quale il nostro usufruisce grazie a un leasing che lo esime dal rischio inerente al possesso di autovettura.

Al momento della separazione consensuale le due parti legalmente rappresentate, avevano sottoscritto un accordo in base al quale l’ex marito-padre avrebbe contribuito al sostentamento e agli studi dell’unico figlio, all’epoca affidato alla madre per via della tenera età. L’accordo prevedeva anche che NN avrebbe prelevato suo figlio due week end al mese e per un paio di settimane durante le vacanze estive.

Nessuna delle suddette clausole è mai stata osservata da NN, visto & considerato che l’ex marito-padre accampa di non guadagnare abbastanza, né di disporre del tempo necessario da dedicare a suo figlio.

AA vorrebbe poter dedicare i ritagli di tempo alla sua libera professione, ma a causa del mancato rispetto degli accordi dell’ex marito, è costretta a dedicarsi completamente al figlio. Visto & considerato che NN, interpretando a sua esclusiva convenienza i termini dell’accordo che pur ha sottoscritto, accorcia a suo piacimento i tre giorni del week end, rendendo inagibile all’ex moglie un ragionevole spazio alternativo alla segregazione domestica che si vede costretta a subire.

Quindi AA, oltre a mantenere integralmente suo figlio e a doverne seguire lo studio, l’educazione, la ricreazione e il sonno – madre e figlio vivono da soli – non riesce a ricavarsi spazio nemmeno per il tempo libero e per le vacanze alle quali ha rinunciato.

In un paese civile come per esempio gli States, NN sarebbe stato sanzionato magari facendogli assaggiare anche le manette. Ma in questo ex bel paesino, dove la certezza della pena è di là da venire, e dove i tempi della così/detta giustizia prevedono lassi temporali misurabili in lustri, agli eventuali rei & confessi viene concesso di preservare beni & quant’altro.

Il caso di AA è solo uno dei numerosissimi casi di donne prigioniere tra le pareti domestiche, nell’eterno ruolo comunque socialmente imposto, di ex mogli-madri-casalinghe full time, affatto favorite dalla sacra famiglia sulla quale è tutto un ribadire, auspicare et invocare, mentre nella realtà dei fatti si fa meno che nulla, consentendo agli ex mariti-padri-padroni di potersi dedicare alle loro comodità, magari anche al bunga bunga, non importa se vissuto o emulato o immaginato o quant’altro ivi connesso in questo ex bel paesino di M.

Articolo Precedente

Una storia di diversa normalità

next
Articolo Successivo

I forcaioli con lo spritz

next