Il referendum sull’acqua ha raggiunto il quorum e oltre il 95 per cento dei votanti ha scelto il “sì” per entrambi i quesiti. Per i cittadini è impensabile ignorare il significato politico di quel voto. Non è così invece per il ministro del Welfare Maurizio Sacconi che ieri, ospite a un convegno del Centro Studi di Confindustria, ha dichiarato che l’esito della consultazione popolare non sarebbe affatto definitivo. Una frase passata in sordina, ma rilanciata da un articolo de L’Unità. “Altro che sorella acqua – ha detto Sacconi – mi auguro che troveremo il modo per mettere in discussione il referendum”. Parole che hanno scatenato la reazione di chi si era mobilitato per la raccolta firme.

Il comitato referendario “2 sì per l’acqua bene comune” chiede che il ministro lasci il suo incarico di governo. Infatti con l’esito del referendum “la maggioranza dei cittadini italiani, con un voto chiaro e democratico ha, di fatto, sfiduciato Sacconi che invitiamo al più presto a rassegnare le dimissioni da ministro della Repubblica italiana”. La dichiarazione di Sacconi, “rappresenta di fatto un ‘golpe’ contro la volontà chiaramente espressa il 12 e il 13 giugno 2011 da 27 milioni di cittadini e garantita dalla nostra Costituzione, la stessa alla quale il ministro Sacconi deve attenersi”. E il comitato annuncia che il ministro e “tutti coloro che vorranno mettere in atto scempi alla democrazia contro il referendum si troveranno davanti alla netta opposizione dei cittadini e delle cittadine italiane che la scorsa primavera hanno votato 2 Sì per l’Acqua Bene Comune”. Anche su Facebook impazza la polemica su Sacconi che “non riesce ad ascoltare il popolo”, che aveva manifestato la volontà di salvaguardare la gestione dell’acqua dall’invadenza del mercato e che si permette di violare la volontà dei cittadini “come se ad essere incostituzionale fosse il referendum”. Nessun cenno invece alla polemica sulla pagina del ministro che oggi posta la notizia di uno stage a Creta presso l’Agenzia europea per la sicurezza della rete ricorda che a Roma è ancora aperto il bando per i rilevatori del censimento.

Anche don Paolo Farinella, sacerdote che aveva firmato per l’iniziativa dei religiosi che il 9 giugno hanno manifestato a Roma per l’acqua pubblica, concorda sulla richiesta di dimissioni avanzata dal comitato promotore: “Questa è la degenerazione della democrazia – osserva. – Mi pare che le dimissioni siano il minimo visto che a parole vorrebbe sovvertire la volontà popolare e la Costituzione”, ma riconosce che le dichiarazioni di Sacconi non rappresentino un caso isolato. “Esiste una volontà bipartisan di non lasciare la gestione dell’acqua al pubblico e si tratta di un’esplicita volontà politica. E quando un ministro di lascia andare a queste considerazioni ignora anche il significato di un referendum”. Specie se ha visto la partecipazione di 27 milioni di italiani.

Articolo Precedente

Più crocifissi per tutti

next
Articolo Successivo

La sostituta di Penati e la sindrome di Sesto

next