Anno 2010: 46,2 milioni di poveri negli Stati Uniti. Il 15,1% della popolazione (era il 14,3% nel 2009). Quasi un americano su sei vive sotto il livello minimo di sussistenza. In aumento anche il numero dei cittadini Usa che non dispongono di un’assicurazione sanitaria: sono 49,9 milioni. I dati pubblicati nel rapporto annuale del Census Bureau suonano ancora una volta l’allarme sulle condizioni economiche e sociali del Paese. La povertà (sono considerate indigenti le famiglie di quattro persone con un reddito complessivo al di sotto di 22.314 dollari, e i single che guadagnano meno di 11.139 dollari) dilaga ormai negli Stati Uniti, e ha raggiunto il tasso più alto dal 1983. Mentre il numero assoluto di poveri non è mai stato così alto dal 1959, quando la statistica iniziò a essere elaborata.

“Ecco un altro pezzo di cattiva notizia”, ha commentato Ron Haskins, direttore del Center on Children and Families di Brookings Institution. Anche per i più giovani si tratta in effetti di una “cattiva notizia”. Il 22% di coloro che hanno meno di 18 anni vive al di sotto della linea della povertà (era il 20,7% nel 2009). La recessione colpisce chi si trova già in condizioni di difficoltà: i più giovani, appunto, ma soprattutto le minoranze etniche. I poveri sono il 27,4% tra gli afro-americani, e il 26,6% tra gli ispanici. Sta peggio chi vive al Sud: sono poveri il 16,9 degli americani che vivono tra Mississippi, Louisiana e Georgia. Il 19,1% dei southerners non ha alcuna forma di copertura sanitaria.

“Il momento per una manovra di incentivi all’occupazione è ora”, ha detto Barack Obama nei giorni scorsi, presentando il suo “American Jobs Act”, un piano da 447 miliardi di dollari – tra tagli alle tasse e nuovi investimenti – che dovrebbe ridare energia al depresso mercato del lavoro statunitense. I numeri contenuti nel rapporto del Census Bureau sembrano confermare l’emergenza nazionale. La disoccupazione nel Paese resta superiore al 9%, e i nuovi dati dimostrano che nel 2010 circa 48 milioni di persone tra i 18 e i 64 anni non ha lavorato nemmeno una settimana nell’arco di 12 mesi.

“Si tratta del decennio perduto degli Stati Uniti”, ha commentato Lawrence Katz, professore di economia a Harvard. In queste settimane molti economisti sono del resto intervenuti a sottolineare i rischi di un declino ormai irreversibile dell’“impero americano”. A svelare tutti i ritardi, e le debolezze, della politica americana sul lavoro è arrivato la settimana scorsa anche Charles Evans, presidente della Federal Reserve di Chicago. Evans ha fatto notare che la missione della Fed, per legge e come questione di responsabilità sociale, è tenere “bassi” inflazione e disoccupazione. Ma mentre l’inflazione resta intorno al 2%, la disoccupazione non accenna a diminuire. “Immaginate che l’inflazione si attestasse al 5% – ha detto Evans -. Non c’è dubbio che ogni banchiere centrale farebbe di tutto, pur di abbassarla. Si comporterebbe come se i suoi capelli andassero a fuoco. Dovremmo fare lo stesso, dovremmo usare la stessa energia, anche per migliorare le condizioni del mercato del lavoro”.

Tra le brutte notizie che il rapporto del Census Bureau porta agli americani, ce n’è comunque soprattutto una che riguarda la classe media. Se aumentano i poveri, non stanno infatti meglio i membri della piccola e media borghesia che costituisce la fascia di popolazione più ampia. Il reddito medio 2010 per un lavoratore maschio, attivo tutto l’anno, è stato di 47.715 dollari. I salari restano praticamente ai livelli del 1973, quando l’americano medio portava a casa 49.065 dollari. I dati sulla stagnazione economica si sono tra l’altro in queste ore intrecciati con la storica sconfitta democratica nelle elezioni per il seggio della Camera lasciato vacante dal deputato Anthony Weiner (coinvolto in uno scandalo a luci rosse). Nel nono distretto, che include zone di Brooklyn e del Queens e che i democratici conquistavano da quasi cento anni, il repubblicano Bob Turner ha battuto col 53% dei voti lo sfidante democratico David Weprin. La recessione è stato il tema centrale della mini-campagna elettorale newyorkese, e il partito al potere ha perso. Un ulteriore, preoccupante, campanello d’allarme per Obama e i democratici. Il segnale che il momento di agire, nelle politiche del lavoro, è davvero “ora”.

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