Ho conosciuto Gina Gatti il 5 settembre 2001, dieci anni fa. Pochi giorni dopo avrei consosciuto l’altro 11 settembre, il secondo della mia vita. Il primo, attraverso gli occhi di Gina, è stato nel 1973. Dalla radio uscì una voce “Tutti gli oppositori devono morire. Il caos è finito. Inizia un periodo di ordine e pace”.

Anche allora fu un martedì, lei aveva vent’anni, Salvador Allende, democraticamente eletto, fu ucciso dal colpo di stato di Augusto Pinochet. Per Gina, cilena di Conceptiòn, iniziarono tre anni di resistenza, staffetta, partigiana. Fino alla cattura e alla detenzione e tortura. Due settimane di prigionia finite con fantasmi che negli anni si sono fatti piccoli, ma che non l’abbandoneranno mai, regalto della tortura quando è fatta scientificamente, addestrata a non uccidere, ma a disturggere l’essere umano per essere rimesso in società e terrorizzare tutti mostrando quello che il potere sa e può fare, avallato anche da chi si erge a paladino della democrazia e della giustizia.

Tra il ’71 e il ’73 la CIA ha finanziato con 70.000.000 di dollari le opposizioni e i circoli militari cileni, 1.500 gli agenti CIA infiltrati in Cile alla vigilia del golpe, 40 le radio dell’opposizione finanziate dagli Usa, 257 gli ufficiali cileni addestrati a Panama nel ’73 dagli Stati Uniti. Numeri veri, tratti da documenti declassificati che gli USA hanno messo on line. 1.800.000 cileni costretti all’esilio, 5.000 il numero approssimativo delle vittime del regime cileno. 500.000 il numero approssimativo delle vittime di tortura. Una è Gina Gatti.
Con lei arrestarono il suo compagno, oggi suo marito. Del suo racconto sulla detenzione e tortura riporterò solo quanto segue: “Hanno fatto in modo che io e il mio compagno ci incontrassimo. Mi dicono che c’è una persona che conosco bene. Siamo entrambi bendati. Capisco che è lui, il mio compagno, dalle mani che mi toccano il viso… che toccano la cicatrice qui sulla mia fronte… poi i suoi passi si allontanano. Sapevano della nostra relazione perchè nella sua casa avevano trovato una mia foto. Hanno saputo mettere silenzio tra noi, perchè dopo tutti questi anni… non siamo ancora stati capaci di dire cosa ti hanno fatto in nome mio?
Quando ho disegnato la sua storia non sapevo a cosa sarei andato incontro, ma di sicuro mi cambiò la vita.
“Vivevo in una  piccola città, dove ho fatto la resisenza per tre anni. Quando mi chiedo cosa sarebbe cambiato se avessi fatto finta di niente…” continua Gina “… forse oggi sarei una persona diversa. Normale. Ma ho scelto di essere me stessa.”

A Gina Gatti, al suo cuore e al suo coraggio, conosciuti per caso e imparati per sempre.

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