Durante la seconda guerra mondiale, mentre apparentemente collaborava con l’esercito tedesco e con i fascisti, Enzo Ferrari aiutava in segreto le unità partigiane nascondendo documenti importanti nella propria azienda e ospitando anche partigiani feriti. Questa la tesi del libro ‘Enzo Ferrari’s secret war‘, opera del giornalista automobilistico e professore universitario neozelandese David Manton, presentato a Modena.

Le rivelazioni di Manton vanno ad aggiungersi e a ribaltare quella che la memoria di molti testimoni dell’epoca ricordano con alcuni elementi storici differenti. A partire dal libro Ricordando Altavilla, scritto da Stefano Ferrari (nessuna parentela col Drake) una decina d’anni fa. Recuperando le parole e le dichiarazioni del partigiano Altavilla (Giuseppe Zanarini), il quale nell’ottobre del 1944 ebbe l’ordine dal comando del Gap modenese di studiare, giudicare ed emettere infine una sentenza su quel ricco signore col sogno dei motori (la Ferrari nacque poi nel 1947) amico del fiancheggiatore dei fascisti, il re bolognese dei carburatori, il signor Weber.

“Quell’uomo ci serve più da vivo che da morto”, affermò ai comandanti partigiani Altavilla che fuggì sulla sua bicicletta dopo aver ottenuto da Enzo Ferrari 500mila lire per chiudere la faccenda e graziargli la vita.

Manton, invece, la prende larga e data l”inizio dell’epopea industriale e sportiva di Ferrari legandola alla Nuova Zelanda. La crescita del Cavallino Rampante coinvolse infatti una cerchia di personaggi di grande successo e carisma come Chinetti, Pininfarina e l’ingegner Gioacchino Colombo inventore del leggendario motore ‘V12’, ma anche Pat Hoare, uno sconosciuto soldato e futuro pilota neozelandese che combattè in Italia. La sua azione, probabilmente, salvò la vita a Colombo e contribuì a garantire il futuro successo della Ferrari.

Il libro di Manton racconta la storia di queste persone e del debito personale che Enzo Ferrari ritenne di aver contratto con la Nuova Zelanda e Pat Hoare. Quest’ultimo, pilota di Christchurch, finita la guerra poteva acquistare Ferrari monoposto quasi nuove direttamente dalla scuderia, nonostante il Drake avesse smesso da tempo di vendere auto di Formula Uno a privati. Un chiaro segnale di un’amicizia profondissima e di una riconoscenza che legavano Ferrari e Hoare.

Ma Manton racconta addirittura di più, sostenendo che tra il ’43 e il ’45 durante la notte nella fabbrica di Ferrari gli operai oltre a riparare carburatori, sistemassero le armi e le munizioni che poi diventavano di proprietà dei partigiani. Ne emerge così un Drake che risplende di nuova luce antifascista, in questo infinito ping pong di interpretazioni e testimonianze su un periodo storico ombroso che lo stesso Ferrari aveva definito come “il verdetto dei fucili“.

Nel volume di Manton – disponibile in lingua inglese e che nel 2012 sarà tradotto in italiano – sono presenti interviste all’ingegner Mauro Forghieri, allo stesso Pat Hoare e a molti amici e collaboratori del Drake, con un ricco apparato di foto inedite.

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