Meglio andarsene dall’Italia. “Perché tutto quello che so fare a questa gente non serve. Perché preferisco vedere ciò che non si ripete. Per conservare le mie idee e donarle a chi vuol provare ad ascoltare”. In “Me ne vado dall’Italia” il videomaker Riccardo Specchia, attraverso la voce narrante di Angelo Bommino, spiega con una raccolta di immagini che attraversano paesaggi, lotte sociali e volontà spezzate, le ragioni di chi decide di lasciare il Belpaese, paralizzato e vecchio, per cercare un lavoro e un futuro. Nella speranza, un giorno, di raggiungere “la felicità del ritorno”.

Specchia, classe 1982, è cresciuto a Taranto, ha studiato a Perugia e si è specializzato a Madrid con un corso di documentarista televisivo. Poi, in seguito a una borsa di studio negata, ha maturato l’idea del video che è stato presentato nel 2010 al concorso “L’Italia che immagino”: “E’ nato da una mia disavventura per un finanziamento della Regione Puglia per frequentare un master – spiega-. Ho atteso dodici mesi in graduatoria, mentre rincorrevo la burocrazia. Poi hanno deciso di annullarlo, nonostante tutte le lettere di protesta di altri ragazzi che, come me, si erano iscritti. E io ho passato un anno della mia vita ad aspettare. Per nulla”.

Dopo l’esperienza di Madrid, Specchia è tornato in Italia con la promessa di un contratto presso una tv di Trento. Ma meno di due anni dopo, con la decisione del taglio del personale, ha perso anche il lavoro. “Sono tanti i giovani che, come me, devono scontrarsi con situazioni di precarietà e di rincorsa di bandi”, prosegue il videomaker. Che ha visto tanti amici lasciare l’Italia. “Alcuni di loro hanno studiato anche in università prestigiose, Bocconi inclusa, ma se ne sono andati, da Londra a Bruxelles. E adesso sono felici perché appagati”. C’è, ad esempio, “chi ha aperto la sua start up, chi è partito per progetti di volontariato in Africa. Qui si rimane a parlare di riforma Gelmini, si manifesta insieme ai sindacati. Poi non succede niente”, osserva.

Eppure, nonostante la situazione non fosse incoraggiante, dopo l’esperienza all’estero Specchia voleva tornare in Italia. Riprovarci, almeno, visto che era arrivata un’offerta di lavoro promettente e in ambito televisivo, il suo settore. Ma si è rivelato un sogno a breve durata. “Dopo due anni in cui sono stato parte del team, sono arrivati i tagli lo scorso gennaio. Mi hanno proposto un’alternativa che non mi permetteva nemmeno di vivere fuori casa. E visto che i miei genitori non possono permettersi di aiutarmi, ho dovuto lasciare anche la collaborazione”. Al problema della precarietà si aggiunge anche quello di una società che non lascia spazio ai giovani. Anzi, cerca di corromperli. “Siamo in paese in cui non c’è ricambio generazionale e dove molti i ragazzi, per fortuna, alla corruzione dell’anima preferiscono emigrare. Anche a me, che sono giornalista, hanno chiesto una tessera di partito per lavorare. Meglio andarsene che sottostare a classe dirigente che ti svilisce coi compromessi, anche se sulla carta hai un curriculum di tutto rispetto”.

Tutti elementi che hanno convinto Specchia a pensare di nuovo all’estero. “Ora vivo tra Roma e Ravenna dove, forse, si è aperta qualche possibilità. Anche se sono ancora in bilico e non sono indipendente – conclude-. Quindi sto pensando di trasferirmi a Copenhagen, dove ho passato alcuni mesi dopo la maturità”. Anche se il sogno sarebbe di rimanere in Italia. O, se si è costretti, di ritornarci presto, per importare idee e innovazione.

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