Trasferito d’ufficio ad altro incarico. È la decisione che ha preso il Consiglio superiore della magistratura sul caso Minna. Il procuratore capo di Ferrara era finito davanti alla prima commissione del Csm lo scorso maggio per incompatibilità ambientale.

Questo perché a Ferrara il clima in procura, a detta dei pm che sollevarono la questione, era diventato “irrespirabile”, tanto da provocare “una incapacità di poter esercitare l’azione penale con serenità”. La vicenda passò all’esame del procuratore presso la Corte d’Appello di Bologna, che riferì di “dissapori” e “tensione” tra il procuratore capo e i sostituti, che si sarebbero sentiti vittime di un comportamento “a dir poco irriguardoso”. Da Bologna il fascicolo finì quindi all’esame del supremo organo di autocontrollo della magistratura.

Dopo l’audizione davanti alla prima commissione, Rosario Minna venne sentito dal plenum, che ne confermò all’unanimità l’incompatibilità. Ora, a meno di un ricorso amministrativo, Minna si vede costretto a chiudere i suoi tre anni in via Mentessi e fare le valigie per Milano. Qui lo aspetta l’incarico di sostituto procuratore generale, presso la procura generale della Corte d’Appello.

Una conclusione non certo felice del “periodo ferrarese” per Minna, magistrato che in carriera si può appuntare sul petto inchieste sul terrorismo nero, su Licio Gelli e la Loggia Propaganda 2, sull’omicidio del giudice Vittorio Occorsio, sulle bombe sui treni nei primi anni Settanta, sul crac Cecchi Gori e sul fallimento della Fiorentina Calcio.

A Ferrara invece Minna è inciampato su due inchieste. Due inchieste di cui è stato protagonista, ma questa volta non come attore. La prima è l’istruttoria aperta nell’ottobre del 2010 quando la procura di Ferrara fu oggetto di un’ispezione ordinata dal ministro Alfano. Presso la procura generale di Bologna l’ispettore Arcibaldo Miller interrogò lo stesso Minna, alcuni pm ferraresi e l’avvocato Fabio Anselmo (il legale dei casi Cucchi e Aldrovandi), che aveva depositato in estate un esposto per un episodio relativo a presunte minacce e intercettazioni telefoniche abusive nei suoi confronti. Per quei fatti la procura di Ancona, competente in procedimenti a carico di magistrati di Ferrara, aprì un fascicolo che si risolse poi con l’archiviazione.

La seconda riguardava appunto i rapporti interni alla magistratura estense, inquinati dal presunto comportamento irriguardoso di Minna nei confronti dei colleghi. Una situazione che andò degenerando in concomitanza con il procedimento a carico di Massimo Ciancimino, per il quale procura stava procedendo per associazione a delinquere e truffe. Minna contestò con lettere infuocate il lavoro dei pm incaricati, in particolare in ordine a una perquisizione “che non mi venne comunicata”, come spiegò lo stesso procuratore capo al Csm, e alle indagini che secondo lui si protraevano troppo a lungo.

Davanti ai giudici del Csm Minna si difese assicurando di “non avere problemi con nessuno e di non portare rancore verso i sostituti”, fino a liquidare la vicenda Ciancimino sostenendo che “la questione della criminalità organizzata non la posso lasciare a due giovanotti che discutono di conflitti tra procure”.

Sarò radiato innocente”, questo il suo congedo dal plenum.

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