Bocciatura netta del Csm sul processo lungo, approvato al Senato il 29 luglio scorso. Il Consiglio Superiore della Magistratura si esprime attraverso una risoluzione votata a maggioranza: “Avrà una portata dirompente” sul sistema giudiziario, perché “legittimando” tattiche dilatorie da parte degli imputati avrà la “capacità di rallentare a dismisura la durata di tutti i procedimenti in corso”. Il provvedimento consente alla difesa di portare in aula un numero illimitato di testimoni, cancellando il potere del giudice di escludere le prove superflue e – avverte il Csm – va in “direzione opposta” al principio costituzionale della ragionevole durata del processo. Questa norma ha suscitato moltissime polemiche. La proposta iniziale del ddl era stata presentata alla Camera dalla deputata leghista Carolina Lussana, il 30 aprile 2008: in origine la proposta di legge riguardava solo la modifica all’articolo 442 del codice di procedura penale (inapplicabilità del giudizio abbreviato ai delitti puniti con la pena dell’ergastolo). Ma nel corso dell’esame parlamentare il testo è stato stravolto.

La lentezza è una delle principali criticità del sistema giudiziario italiano. E se a questo, si sommeranno gli effetti del ddl sulla prescrizione breve, il risultato non potrà che essere quello di “negare le condizioni per pervenire ad un accertamento dei fatti oggetto delle imputazioni in tempi ragionevoli” – prosegue il Csm – il che vuol dire “vanificare ogni tentativo di offrire un servizio di giustizia efficiente per i cittadini nel rispetto del principio di uguaglianza e legalità”.

Nel documento si segnala anche “la portata preoccupante” della norma transitoria che prevede l’applicazione delle nuove regole ai processi in corso in primo grado per i quali non sia chiuso il dibattimento: potrà “determinare la necessità – affermano i consiglieri di Palazzo dei Marescialli – di far ricominciare daccapo tutti i processi in corso in primo grado, per consentire alle parti di avvalersi della nuova disciplina”. Il documento è stato approvato con 18 voti a favore e 3 contrari dei laici del Pdl. Il no di questi ultimi è stato motivato dalla convinzione che il Csm non possa censurare un ddl all’esame del Parlamento, pena una interferenza nell’attività delle Camere.

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