C’è chi ha visto le menti migliori della propria generazione e chi, più modestamente, potrà raccontare ai propri nipoti di avere visto le menti peggiori della propria generazione. Sfiga, senza dubbio, ma essere contemporaneo di Lavitola e Tarantini ti lascia disincantato e un poco depresso. Se Finmeccanica si affida a consulenti del rango del “magliaro dei due mondi” e la sanità pugliese investiva sull’imprenditore Tarantini,  c’è da domandarsi che cosa si debba studiare all’università per sfondare nel mondo del lavoro e degli affari.

Oltre ad un generico rifiuto della lingua italiana come si evince da quelle “insalatone di parole” contenute nelle intercettazioni, apprendiamo che una delle competenze di Lavitola investe l’alta cucina. Il povero Valter, nella meritoria opera di mediazione tra il nanetto governativo e il pappone pugliese, si prodigava a cucinare coniglio per placare le ansie di Lady Tarantini.

Il di lei marito, dal canto suo, oltre a procurare donne e donnine al premier, si cimentava con la difficile arte dell’ascolto: i circostanziati racconti che il suo amato padrone gli propinava dopo le nottate trasgressive, probabilmente, hanno sviluppato in lui competenze professionali più da psicoterapeuta che da venditore di protesi. Sulla base di tali resoconti, è infatti presumibile che Tarantini cercasse donne capaci di performance sempre più ardite.

Saranno queste le figure professionali a cui è affidato il futuro del nostro paese? E come riformare una università che appare inadeguata alla formazione di tali e qualificati profili? Da questo punto di vista una certezza c’è: la Gelmini, altra mente peggiore di una generazione.

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