Città del Messico

Le hanno trovate senza vita giovedì all’alba, nude, imbavagliate e con evidenti segni di violenza, buttate in un parco di Iztapalapa, uno dei quartieri più problematici e violenti di Città del Messico: Ana Marcela Yarce Viveros e Rocío González Trápaga erano due colleghe, due croniste. La prima si occupava delle pubbliche relazioni della rivista indipendente Contralínea, di cui era stata redattrice e fondatrice. Rocío González Trápaga, invece, era stata reporter della catena Televisa e svolgeva da anni l’attività giornalistica in forma indipendente. Da subito le istituzioni hanno tentato di ridimensionare l’accaduto. Il procuratore di giustizia del Distretto Federale, Miguel Ángel Mancera, si è pronunciato per smorzare la forte tensione che questo duplice omicidio ha generato nel Paese più pericoloso al mondo per chi svolge questa professione.

Mancera crede si tratti di un “assalto” come tanti, o nella peggiore delle ipotesi di un “femminicidio”, che non avrebbe a che vedere con il lavoro svolto dalle vittime. Non sono della stessa opinione le associazioni di giornalisti e di difesa dei diritti umani di tutto il Messico, che denunciano l’ennesima aggressione alla libertà di stampa e la totale mancanza di tutele da parte delle istituzioni, verso chi fa informazione e difende i diritti umani. La Commissione nazionale dei diritti umani ha registrato, dall’inizio dell’anno, otto omicidi di giornalisti, 74 dal 2000, dati che testimoniano la gravità della situazione messicana. Secondo Amnesty International “il modello di violenza e sequestro contro i giornalisti in Messico è preoccupante e le misure prese dalle autorità per prevenire, investigare e sanzionare queste aggressioni sono state, nella gran parte dei casi, inefficaci, cosa che ha contribuito a generare un clima di impunità”. La polizia si orienta sulla pista della semplice aggressione, anche se non è ancora chiaro se la professione o il genere delle due giornaliste sia stato un fattore determinante nella motivazione dell’assassinio. In Messico la violenza contro le donne e l’impunità sono in continuo aumento. I femminicidi, delitti che vengono definiti dalla Corte Interamericana dei diritti umani come gli “omicidi di donne per motivi di genere”, sono tutt’altro che spariti dalle cronache di questo Paese, in cui il fenomeno è ancora drammaticamente presente nell’attualità di città come Ciudad Juárez. La possibilità che le due donne-giornaliste siano state sequestrate e assassinate brutalmente per ragioni di genere è allarmante tanto quanto l’ipotesi legata alla loro professione ed evidenzia come l’impatto delle politiche annunciate dal governo messicano per garantire alle donne una vita sicura e senza violenza, siano prive di risultati.

I colleghi delle due donne hanno dichiarato in un breve comunicato che “con profonda tristezza, ma anche con indignazione, esigiamo dalle autorità il chiarimento di questi deplorevoli avvenimenti. Ci uniamo al dolore che travolge i familiari e gli amici delle due giornaliste e reclamiamo giustizia”. Julio Hernández, editorialista del quotidiano La Jornada, una delle tante voci di giornalisti che si sono levate per ricordare Ana Marcela e Rocío, ha scritto ieri a conclusione del suo editoriale: “Brutale è stato l’assassinio di Yarce e Rodríguez Trápaga, secondo quello che ha detto Miguel Badillo, direttore di Contralínea. E questa brutalità, questi assassinii effettuati contro uomini e donne, questa scomposizione nazionale galoppante è quello che si deve denunciare e combattere, costantemente”.

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