In un Paese costretto a pagare lo scotto di governi schiavi di interessi particolari che vedono nel bene comune un ostacolo nei confronti delle loro politiche, sulla reintroduzione dei ticket sanitari, previsti dall’ultima manovra finanziaria e che la Regione Emilia Romagna ha tentato di bloccare in tutti i modi, si è accesa una discussione che ha sempre più i contorni di una guerra tra poveri.

Fatto in questo modo, il sistema di pagamento delle prestazioni sanitarie non è contro qualcuno, ma contro chiunque. Soprattutto smaschera una architettura sociale ormai non più al passo coi tempi, con buona pace di coloro che quei tempi rimpiangono e non concordano con il tempo presente.

Sono d’accordo sull’introduzione dell’indicatore economico ISEE che meglio sintetizza la situazione economica ponendo il numero di figli per nucleo familiare tra i dati presi in considerazione, ma anche questo parametro, si sa, non è pienamente efficace. Lo sanno le decine di famiglie che annualmente iscrivono i loro figli ai servizi scolastici dei comuni.

Affermare che il calcolo delle fasce di reddito familiare imposto dalla legge del 1993, che somma il reddito dei coniugi, sia penalizzante per le coppie sposate a beneficio di quelle di fatto è ad oggi un abominio di giudizio.

In un paese dove si insite a non vedere, ad essere ciechi rispetto all’evolversi della società, è patetico pensare di difendere le famiglie in questo modo.

La famiglia, come istituto previsto dalla costituzione, la si difende legiferando rispetto a quelle miriadi di situazioni che oggi lo Stato italiano non prende in considerazione. Il problema è che questo tema, che a destra non vede possibilità, a sinistra arranca, inciampa, è claudicante da troppo tempo.

Perché si continua a fingere che non sia così? Quello dei ticket è l’ennesimo caso in cui è chiaro che la situazione va regolamentata alla base e non mettendo l’italica toppa. Ma si sa, i periodi di crisi sono fatti per i coraggiosi. Gli incerti soccombono tentennando.

Portare avanti certi discorsi come “credo nel matrimonio” sa più di strizzate d’occhio a una parte della società e di elettorato, che di qualcosa che agisce strutturalmente su uno stato di cose che ormai scricchiola. Scricchiola perché la società si evolve e non volerlo vedere, comprendere e governare porta alla sconfitta, porta ad avere sempre più conflitti che portano alla vittoria del più forte sul debole e questo a sinistra non lo possiamo permettere.

I partiti che stanno a sinistra devono rimboccarsi le maniche, smettere di difendere interessi particolari all’interno della propria parte e dare prova di avere il bene comune (di tutti) come finalità.

Si inizi con il progettare una struttura statuale e sociale coerente con i tempi e non solo con le esigenze economiche della crisi internazionale. Lo si faccia adesso, prima delle elezioni e si impegnino tutte quelle energie che troppe volte sono relegate dietro i lasciapassare dati agli ‘yes man’ a scapito della meritocrazia. Su questi temi è importante parlare chiaro da subito, per cambiare l’attuale e inadatto panorama strutturale, una volta arrivati al governo.

Hora fugit!

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