Tutto il mutuo davanti. Tatuaggio di una generazione complessa e precaria, a tempo determinato, a patti obbligati. Che veste abiti stracciati, che compra roba usata. “Prego, si accomodi”. Sospiro. E ti guarda con il metro del potere, per misurare la tua debolezza e il tuo bisogno. Cifra tonda. Una piccola spesa che vale un investimento, un prestito spalmato sul vagone di mesi fra mare e montagne, vacanze a metà e lavoro intero. “Mi siedo, grazie. Vorrei un prestito di 10mila euro”.

Il primo esame è l’identità: chi sei, cosa vuoi, dove andrai. Domande esistenziali e ruvide, inutile rispondere sul trespolo di un’agenzia anonima di una banca conosciuta. Il significato è diverso: possiamo fidarci di te soltanto se presente in archivio. “Sei correntista?”. No. E caschi giù, imbecille: devi aprire un conto, dirottare il tuo stipendio, farti monitorare i movimenti per sei mesi. E per fare in fretta? “Possiamo chiedere al direttore uno strappo, anticipare la nostra offerta e valutare la tua posizione. Non possiamo garantirti i soldi, devi sperare che la società esterna accetti la tua pratica. Poi potremo proseguire”.

Il preventivo è lungo quattro pagine, dense di cifre, numeri, asterischi, e anche trabocchetti. Unicredit stampa su carta grigia, forse appena riciclata, impatto zero per l’ambiente. L’importo totale del credito è di 10mila e 432 euro. Un momento: avevo chiesto 10mila? “C’è l’assicurazione rischi”. Così inizia il calcolo di 48 mesi, 4 anni: rate mensile di 264 euro e 58 centesimi. Scendiamo giù, in fondo. Devo scovare il metafisico Taeg, il tasso fisso di interesse annuo. Pronti: 11,18 per cento. Rielaborazione rapida, e dunque: prendiamo 10mila, restituiamo 12mila e 699 euro. Quasi 2mila e 700 euro, quasi il 27 per cento.

A Intesa Sanpaolo la selezione è aggressiva. Il girone d’ingresso è un ufficio ricoperto di vetri, il lavacro di speranze e desideri. Nervosismo per l’attesa. La presunzione di leggerezza: “Sai, le valigie sono ancora piene. Sono rientrata dal mare tre giorni fa, però devo tornare a chiudere la casa. Ho lasciato un po’ di fogli in giro e le finestre spalancate. Magari ne approfitto per un bagno supplementare”, dice al telefono con l’amica. Smette, riprende. E i modi, perentori: “È nostro cliente? È un dipendente pubblico o privato, indeterminato?”. Nulla. La famiglia, già. Papà e mamma guadagnano bene: “Possono intestarsi il prestito?”. Chissà. Il mio profilo è debole, merita 72 rate, 6 anni. Il tasso è calcolato su 10mila e 502 euro, benedetta polizza di “Eurizon vita”. L’indice Taeg annuale è del 9,85 per cento, ricevo 9mila e 985 euro e dovrò restituirne 14mila. Più di 4mila euro, più del 40 per cento. Non posso accorciare la rincorsa al debito, non posso alzare la posta mensile. Io non posso. Saluti veloci, senza arrivederci. Perché il ritorno è fuori pronostico. Nemmeno un rimpianto, i finanziatori veri sono più grossi per anagrafe e portafogli.

Internet è un sollievo, ovunque c’è un sito per simulare un prestito, paragoni che vuoi credere affidabili. La Deutsche Bank fissa il Taeg al 10,51 per cento, il saldo di 10mila euro è di 12mila 692 euro in 4 anni, 221 euro in meno di Consel (Banca Sella), 306 euro in meno di Findomestic. Internet è veloce, colpisce in poche mosse: fotocopia documento di identità valido e codice fiscale, permesso di soggiorno se stranieri, eventuale documentazione di reddito. Notate bene: eventuale. Però i soldi sono tracciati, nel senso che annunci il tuo acquisto: auto di seconda mano o nuova di concessionaria, matrimonio o cerimonie, beni strumentali, articoli di elettronica o arredamento. Elastys di Credit Lift pareggia i costi dei concorrenti: a te 10mila euro, a loro 12mila e 991, sempre in 4 anni. Non trovi spiegazioni complete per il diritto di recesso, i limiti, i bolli, i trucchi. Incassi, e non scappi. Non discuti i particolari, non ascolti telefonate private. Fai un passo per entrare nel gruppo. Nella generazione di tutto un mutuo davanti.

Il Fatto Quotidiano, 1 settembre 2011

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