I numeri della manovra completamente fuori controllo. I saldi inaffidabili. E una previsione di andamento del Pil assolutamente irrealistica che non è stata ancora rivista formalmente lasciando un ulteriore elemento di incertezza.

E’ questa la miscela che si è abbattuta sul mercato secondario dei titoli di Stato il giorno dopo il famigerato vertice di Arcore mettendo pesantemente a rischio la sostenibilità dell’Italia come pagatore di ultima istanza del proprio debito. Gli interventi della Bce, che alla fine di questa settimana avrà acquistato quasi 100 miliardi di euro di titoli italiani e spagnoli, sono a tempo e finalizzati a stabilizzare il mercato che, però, non mostra alcun segnale di rafforzamento. Anzi. Lo spread senza l’intervento dell’Eurotower sarebbe probabilmente schizzato oltre i 400 punti, portando il tasso d’interesse sui titoli italiani oltre la soglia critica del 6%.

Un clima spaventoso, quindi, che certifica l’inaffidabilità dell’esecutivo nei confronti della Commissione Europea e della Bce. Il primo segnale è arrivato martedì appena chiusa l’asta di Btp e Cct da parte del Tesoro. Ieri sono arrivate due bordate ulteriori: l’articolo del Wall Street Journal, che vede l’Italia con i giorni contati, e la secca dichiarazione di Bruxelles sui contenuti della manovra “relativamente alla crescita”. La domanda (7,7 miliardi) inferiore di alcuni centinaia di milioni all’offerta massima di 8 miliardi, è stata immediatamente letta dagli operatori come un segnale esplicito di sfiducia nei confronti dell’Italia.

La conferma è arrivata subito dopo, con gli spread che hanno sfondato quota 300 nonostante gli acquisti della Bce. Ieri il Tesoro è stato addirittura costretto a emettere una nota per rispondere all’articolo del Wall Street Journal. Il ministero, riferendosi sia alle brevi sia alle lunghe scadenze, ha precisato di aver emesso già oltre il 70% dei 430 miliardi di euro di titoli di Stato che ha in programma di collocare in totale nell’intero 2011. Il Tesoro ha aggiunto che l’ammontare “sarà suddiviso all’incirca 50% e 50% tra titoli a medio-lungo e a breve termine”.

Il 30% delle emissioni totali equivarrebbe a titoli di Stato per 129 miliardi di euro. Le emissioni residue attese si collocano quindi al di sotto di questa soglia. Con questa precisazione, il Tesoro ha risposto all’articolo del quotidiano che sosteneva che l’Italia deve ancora emettere debito per 134,4 miliardi di euro, calcolando che si tratta del 48% dei 281 miliardi che si era prefissata di raccogliere nell’anno. “I dati e le cifre riportati dall’articolo del 31 agosto sono errati e, quello che è più serio, è che danno al lettore una percezione molto distorta della capacità di finanziamento dell’Italia”, dice il Tesoro. Secondo il ministero le emissioni lorde totali per il 2011 ammontano, invece, a 430 miliardi. La percentuale del 48% relativa al funding ancora da completare entro la fine dell’anno risulta quindi da un calcolo errato ed è ben superiore al quota effettiva. La cifra riguardo alle emissioni totali del Wall Street Journal sembra non tenere conto dei titoli a breve scadenza, dice ancora il Tesoro. Sono pari a circa 59 miliardi di euro i titoli a breve che scadono entro la fine del 2011 e che hanno bisogno di essere rinnovati.

La nota ha fatto scendere lo spread ad un minimo di 294,7 punti base, ma alla fine i Btp hanno archiviato una nuova seduta nel segno della debolezza. A contenimento dello spread in seduta era intervenuta anche la notizia dell’approvazione della bozza sull’Efsf (Il fondo europeo per la stabilità). Un portavoce del governo tedesco ha infatti annunciato ieri l’approvazione della bozza di legge destinata ad ampliare l’importo a disposizione del meccanismo di salvataggio dei paesi della zona euro.

All’origine della debolezza dei Btp italiani c’è comunque la confusione creata sulla sostenibilità complessiva della manovra e soprattutto il mancato aggiornamento delle previsioni del Governo sull’andamento del Pil del nostro Paese. Il Tesoro non ha ancora rivisto le sue stime, oramai considerate da tutti irrealistiche, di una crescita del pil dell’1,1% quest’anno che avrebbe dovuto salire all’1,4% nel 2012 e all’1,6% nel 2013. Una inevitabile revisione al ribasso farebbe saltare gli effetti della manovra e anche per questo ieri da Bruxelles è arrivato un messaggio secco: la Commissione europea dedicherà «particolare attenzione» alle «misure strutturali» destinate «ad agevolare e sostenere» la crescita per verificare che esse rispettino i «parametri» fissati nelle raccomandazioni rivolte dall’Ue all’Italia lo scorso giugno.

di Andrea Di Stefano

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