Un'immagine dell'Empire State Building scattata da Marco Lillo

Da New York – Irene è andata. New York tira un sospirone di sollievo. L’uragano ha accelerato la sua corsa e ora punta su Boston. Irene ha perso i galloni di uragano, dopo essere stato declassato da categoria due a uno ora è solo una misera tempesta tropicale. Manhattan è stata risparmiata dai venti potenti che invece hanno spazzato il New Jersey e la North Carolina prima che l’uragano planasse su Long Island e infine New York city.

I turisti negli hotel di Manhattan, ora che Irene è passata, sembrano delusi. Le compagnie hanno cancellato i loro voli, li hanno obbligati a pagarsi gli hotel carissimi di Manhattan centro, a fare provviste per settimane. Gli hanno chiuso per due giorni interi tutti i negozi della città, le metropolitane, gli aeroporti. “E alla fine è arrivato solo un acquazzone”, si lamentano gli italiani ora che hanno scampato il pericolo. Niente finestre spaccate, niente grattacieli che tremano, niente ascensori bloccati, niente allagamenti delle hall degli hotel, delle strade. A guardarsi intorno vien voglia di dare ragione a quelli che pensano che gli uragani, oltre che una minaccia, siano un grande business. Soprattutto per la stampa e per le televisioni. Il Weather channel, la Cnbc, la Cbs, hanno dedicato dirette fiume seguitissime – e dense di spot – all’evento. E anche i giornali popolari come il New York post hanno segnato vendite record con l’occhio del ciclone in copertina e il titolone: “Here she comes”.

Anche la tv italiana ci ha messo del suo. Non voglio pensare ai familiari dei turisti bloccati nella Grande Mela che hanno seguito le sorti dei loro cari guardando il tg2 di ieri sera. L’inviata sul tetto con alle spalle Ground zero annunciava con voce tesa nell’ordine: la chiusura dei ponti, il divieto di muoversi a Manhattan, il divieto di usare gli ascensori, il divieto di stare vicini alle finestre dei grattacieli. I ponti erano aperti, gli ascensori andavano che era una meraviglia, a Manhattan siciliani e milanesi incrociavano nella quinta strada delusi per la chiusura dei negozi. Obama, secondo il Tg2, si era trasferito nella sala della protezione civile per seguire l’evento, nemmeno fosse in atto un altro 11 settembre. Invece era solo andato a trovare gli uomini al lavoro per poi tornare alla Casabianca. Ascoltavo le cronache della catastrofe imminente seduto sui divani morbidi del Roof top cafè dell’hotel Strand, ventesimo piano, 37th street, circondato da newyorkesi e turisti che sorseggiavano il loro drink ascoltando musica fusion e guardando l’Empire State building con le luci colorate a festa proprio di fronte a loro.

Insomma l’allarmismo ha avuto una parte importante nella storia di Irene. Ma va detto anche che poteva andare diversamente. Non era affatto scontato che finisse così. L’uragano era molto esteso e, se non avesse accelerato la sua marcia, sarebbe stato molto pericoloso. Ora sta correndo a 40 chilometri orari e ha perso forza. Quando era sulla North Carolina la sua velocità era meno della metà e i venti tiravano a 140 chilometri orari. Se l’uragano avesse mantenuto velocità e forza, se si fosse trattenuto sulla città, si sarebbe verificata un’inondazione epocale. Invece, per fortuna, la sua furia ha fatto danni solo sulle prime coste incontrate, quelle che proteggono la baia dell’Hudson e Manhattan. Le zone più colpite sono quindi Coney Island, a Brooklyn, dove Irene è “atterrato”. E prima ancora Hampton Bays a sud di Long Island. Qui le strade sulla costa sono simili a fiumi con l’acqua che ha superato i 90 centimetri per alcune ore. Anche Babylon a Long Island è finita sotto l’acqua. Le cassette postali sono state sommerse. Ci sono 30 mila persone rimaste senza luce ma non è nulla rispetto a quello che ci si attendeva. Obama ha schierato la Guardia nazionale, e tutte le stazioni della metropolitana sono state chiuse dal governatore Andrew Cuomo. Anche se dalle prime notizie sembra che non ci sia una sola inondazione segnalata nella subway.

La zona A di Manhattan, quella dove abitano le 370 mila persone evacuate è salva. Compresa la zopna di Battery park city di fronte alla statua della libertà, dove partono i traghetti per il giro dell’isola. L’acqua è salita ma non sono segnalati allagamenti e non sono riportati danni. Si temevano soprattutto i black out. Le tv locali trasmettevano avvisi per invitare i cittadini a riempire le vasche da bagno e a ricaricare tutti i telefonini e i computer per potere restare in collegamento. New York è tornata a pensare al business as usual. La borsa domani aprirà? E’ la domanda che si fanno tutti. Sono in corso conference call per deciderlo tra il Ney York Stock Exchange e le grandi banche. Intanto Irene punta a nord. E non è detto che sia così buona come è stata con New York. A Stamford in Connecticut sono segnalate onde alte e raffiche potenti. Intanto a New York la pioggia continua a cadere. L’Empire State Building alle mie spalle resta immerso nelle nuvole. Fino a pochi minuti fa sembrava un gigante fragile di fronte alla furia della natura. Ora ha ripreso a guardare tutti dall’alto in basso. Anche Irene.

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