Irene è riuscita a chiudere New York. Musei, grattacieli, centri commerciali, negozi oggi non hanno alzato la saracinesca. Chiuse le 486 stazioni della metropolitana, chiusi tutti i negozi, i grandi magazzini, gli Starbucks café e tutte le altre catene di abbigliamento, elettronica e alimentazione. Evacuate 370 mila persone. Tutta la città è rimasta in casa a guardare le immagini del ‘weather channel‘ dalla North Carolina e dalla Virginia, con le onde che si infrangono a un passo dal reporter mentre una macchia gialla sulla spiaggia grida nel microfono la sua cronaca dall’uragano. Aperti solo i negozi di souvenir o i pub e le pizzerie popolari, quelle gestite dagli autonomi che hanno sfidato gli ordini. Alle 11 di mattina, puntuale come un orologio, la pioggia ha fatto la sua apparizione. La punta dell’Empire State Building si è coperta di nuvole per qualche minuto e poco dopo è arrivato un temporale estivo, abbondante ma non eccezionale.

Gli italiani in città, quando hanno capito che non si trattava di Irene, hanno preso coraggio e hanno invaso i pochi negozi aperti. Affari straordinari per gli shop con le classiche magliette “I love NY“. Le vecchie mele fuori moda sono tornate utili in vista dell’uragano in arrivo. I turisti impreparati per l’evento hanno fatto scorta di felpe, ombrelli e giacche impermeabili e poi i più prudenti hanno aggiunto al kit anche le torce, utili in caso di black out, il cui prezzo è schizzato in un attimo a trenta dollari. Con i supermercati chiusi, è stato preso d’assalto l’unico shop aperto in piena Times Square. I turisti con le scorte utili per resistere giorni senza cibo e acqua si facevano la foto ricordo sui sacchetti preparati dai negozianti contro l’inondazione dei seminterrati o davanti alle vetrine del Planet Hollywood sbarrate con i pannelli di compensato antivento. Nei pochissimi locali rimasti aperti, come Pain Quotidiane, si sono viste scene inusuali con turisti e newyorkesi in fila per comprare decine di croissant al prosciutto e ciambelle alla pancetta con cui resistere per giorni agli effetti di Irene. I pochi ristoranti aperti, quasi tutti appoggiati agli hotel del centro sono stati tempestati di telefonate da chi non ha voluto rinunciare stasera all’ultimo buon hamburger prima dell’uragano.

Le vetrine dei grandi negozi della Fifth erano tutte chiuse e in questo clima surreale da day before sembrava di essere a via Montenapoleone: gli italiani erano tra i pochi turisti a non rinunciare alla passeggiata nella strada delle grandi firme.

I più tristi erano i viaggiatori di tutte le nazionalità bloccati nella città. Chi doveva partire oggi con Alitalia e Delta, per esempio, si è visto cancellare il volo e riprogrammare la partenza il 5 settembre, una settimana dopo. L’alternativa è la prenotazione di un nuovo volo a pagamento o una settimana di hotel a New York. Entrambe le scelte si rivelano molto costose per tutti i viaggiatori rimasti a terra. Gli hotel sono tutti pieni e le stanze rimaste costano molto. I prezzi dei voli sono spesso inarrivabili. Chi si è visto cancellare il volo Delta per Boston stamattina, ha scoperto che dovrà pagare non 50 dollari, come sempre ma 811 dollari per un volo di 320 chilometri. Le compagnie, colpite duramente da Irene, stanno cercando di recuperare le perdite con i voli successivi all’uragano. New York è una città con il fiato sospeso.

L’appuntamento con Irene è previsto dalle 8 di mattina di domani, ora di New York, le 14 in Italia, alle 2 del pomeriggio, le 20 in Italia. L’uragano è stato declassato ma resta pericoloso per la sua straordinaria estensione. Si attendono venti intorno alle 80 miglia per ora ma soprattutto una quantità di pioggia pari a quella di tutto l’anno, concentrata in poche ore. E sono proprio le inondzioni a preoccupare di più.

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