Inchieste sui pass invalidi e sui permessi temporanei per parcheggiare in centro, i cosiddetti T7: la procura di Bologna si concentrerà a breve su eventuali responsabilità di Atc. I prossimi sviluppi delle indagini, infatti, potrebbero riguardare l’azienda per il trasporto pubblico del capoluogo che aveva dato in gestione il rilascio delle autorizzazioni alla cooperativa Coopertone, un ex dipendente della quale, Gianluca Garetti (licenziato all’inizio dello scorso giugno proprio in seguito ai fascicoli aperti dal procuratore aggiunto Valter Giovannini), è stato iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di corruzione, falso in certificazione e truffa ai danni del Comune di Bologna.

L’ipotesi su cui lavorerà la procura, dopo un incontro dei giorni scorsi in piazza Trento e Trieste con il comandante della polizia municipale, Carlo Di Palma, è quella dei controlli che Atc avrebbe o meno messo in atto per verificare la corretta gestione del servizio di rilascio dei permessi. In base al codice civile e alle normative sugli appalti, il committente è obbligato a monitorare il servizio erogato per proprio conto e, nel caso vengano rilevate delle anomalie, deve chiedere all’appaltatore di porre rimedio per evitare l’interruzione del rapporto ed eventualmente il risarcimento del danno. Il dubbio degli inquirenti sta proprio qui. L’attività legata ai permessi falsi viene ritenuta dalla procura “non occasionale, ma sistematica”, dunque non si esclude che potesse essere rilevabile da un’attività di verifica.

Per quanto riguarda Coopertone, poi, gli inquirenti vogliono capire se le responsabilità siano tutte di Garetti. Da controlli condotti dall’autorità giudiziaria, in effetti, sarebbe risultato che la “firma” informatica su alcuni permessi T7 fosse riconducibile a un altro paio di dipendenti, nei confronti dei quali non sono stati emessi al momento provvedimenti. Prima di procedere, dunque, procura e polizia giudiziaria vogliono verificare se si tratta di singole responsabilità dolose oppure se altri lavoratori della cooperativa possano aver ottemperato – magari dietro pagamento di un corrispettivo (come nei casi contestati a Garetti, che avrebbe ricevuto 250 euro a tagliando rilasciato) – alle richieste di qualcuno.

Dal canto suo la Coopertone, quando aveva licenziato il dipendente “infedele”, aveva già detto di “essere assolutamente estranea a qualsivoglia fatto illecito relativo all’indagine in corso afferente a permessi non regolari” e di ritenersi parte lesa. Inoltre aveva ricordato: “Chiunque sia in possesso di notizie sui fatti specifici ha l’obbligo di riferirlo all’autorità giudiziaria procedente alla quale la cooperativa presta la più ampia collaborazione”.

La prima inchiesta a chiamare in causa Garetti riguardava 10 targhe auto in uso a calciatori del Bologna Calcio associate al permesso invalidi di Marilena Molinari, una specie di factotum che provvedeva alle necessità degli sportivi. Indagata anche per l’annullamento di una quarantina di contravvenzioni comminate al capitano della squadra, Marco Di Vaio, su di lei sono state scaricate tutte le responsabilità. In base a quanto riferito ai magistrati, società sportiva e giocatori avrebbero detto di non aver mai saputo che le targhe erano state associate a un’autorizzazione che, oltre a consentire il parcheggio negli appositi spazi per portatori di handicap, permette anche l’accesso in centro – compresa la zona a traffico limitato – senza restrizione alcuna. Per questo sono finiti sotto indagine, oltre a Di Vaio, anche Daniele Portanova, Emiliano Viviano, Massimo Mutarelli, Gaby Mudingayi, Archimede Morleo, Vangelis Moras, Andrea Esposito e Gabriele Paonessa

La donna, dal canto suo, si era difesa sostenendo che l’avrebbe fatto perché i calciatori l’accompagnavano in giro per la città quando lei aveva bisogno di effettuare commissioni e per questo aveva chiesto a Garetti di collegare le targhe al suo permesso. Ma anche questa spiegazione è stata negata dai diretti interessati mentre le indagini hanno fatto emergere dubbi pure sul permesso rilasciato alla madre di Molinari, per il quale non sarebbe stato trovato il fascicolo relativo.

E poi c’è il filone dei T7, i permessi a scadenza (valgono 90 giorni) rilasciati quando si fa richiesta di residenza temporanea. Anche in questo caso nel mirino dei magistrati sono finiti calciatori ancora in forza o che hanno lasciato il Bologna (oltre ai già citati Mudingay, Portanova, Viviano, Morleo, Moras, Mutarelli, Esposito e Paonessa, in questo frangente si aggiungono Adaílton Martins Bolzan e Vlado Šmit) e alcune delle loro mogli, per i quali sono risultate autorizzazioni a parcheggiare nonostante la residenza non fosse mai richiesta, non fosse più valida o anche dopo il passaggio degli sportivi rossoblù ad altre squadre. Indagando su questo fronte, gli inquirenti avevano accertato anche che in due casi, quelli di Adaílton e di Mudingayi, c’erano anche contravvenzioni non saldate rispettivamente per 35 e 30 mila euro. A metà estate i legali degli sportivi avevano fatto sapere che, se la circostanza fosse stata confermata, si sarebbe provveduto al pagamento.

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