Ufficialmente lo stanno rimuovendo per “ricollocarlo in un sito di maggior pregio e più profondo significato”, come assicura il sindaco Candeloro Nania, cugino del vicepresidente del Senato Domenico (Pdl) e ras della politica locale. Parole che non incantano lo scultore Emilio Isgrò, autore del “Seme d’arancia”, un impasto di tufo, scorie vulcaniche e resine simbolo del riscatto e della rinascita di Barcellona Pozzo di Gotto, la “Corleone” della provincia di Messina per i suoi misteri mai risolti sulla linea di confine tra mafia e Stato.

Secondo Isgrò, che ha scritto due lettere infuocate al sindaco Nania, quella scultura collocata altrove “ha di fatto cancellato quel messaggio di fiducia e di speranza che l’opera voleva trasmettere alle nuove generazioni”. Insomma, dice oggi Isgrò, “un brutto segno”, visto che, spostata in altro luogo, l’opera verrebbe privata del suo significato originario e per difenderla lo scultore è pronto ad adire le vie legali.

Il perché lo spiega Achille Bonito Oliva, uno dei tanti protagonisti del mondo dell’arte che in queste ore si sta mobilitando a tutela del “Seme”, insieme ai cittadini di Barcellona che ieri sera hanno organizzato in sit-in di protesta: “Spostando l’opera in un giardinetto – sostiene Bonito Oliva – si rischia di annullarne il messaggio, che non ha a che fare solo con l’estetica, ma anche con l’etica’’.

Ai barcellonesi, infatti, quel seme alto sette metri e visibile da ogni punto del paese, collocato dov’è accanto alla vecchia stazione ricorda la partenza dei carichi con le essenze di agrumi per il nord Italia, un periodo in cui Barcellona esportava fragranze di zagara utili per la sua crescita economica del territorio e non gli orrori di una guerra di mafia e i misteri di “relazioni pericolose” tra mafia e politica cristallizzate nel rapporto degli ispettori del ministero degli Interni che pochi anni fa sollecitarono, misteriosamente senza esito, lo scioglimento del consiglio comunale.

Inaugurato nel ’98 dall’allora ministro delle Pari Opportunità Anna Finocchiaro, il “Seme d’arancia” non è mai stato amato dalla giunta di centrodestra considerato che, scrive Isgrò nella lettera, “già dalle origini qualcuno vicino alla vostra amministrazione ha visto questa mia istallazione come intrusiva e quasi abusiva, chiedendomi continuamente di spostarla”. La nuova sistemazione sarebbe stata individuata vicino (o dentro) un giardino Zen progettato dall’artista giapponese Hidetoshi Nagasawa.

Ma se all’inaugurazione, nel 1998, arrivarono 200 sindaci da tutta Europa con un Tir di 13 metri con una scritta sulla fiancata “Questo Tir trasporta il Seme d’arancia”, in queste ore numerosi comuni hanno offerto la propria disponibilità a ospitare l’opera, se dovesse essere rimossa dalla sua sede naturale, anche nelle sue condizioni, come scrive Isgrò nella lettera, “di avanzata demolizione e smantellamento”.

E per farla restare nel territorio da Messina la fondazione Comunità diretta da Gaetano Giunta avrebbe già offerto ospitalità all’opera, assicurandole una vigilanza con proprio personale. “Amo troppo la mia città per privarla di questo mio dono e del suo significato – scrive Isgrò – voi invece la private di un bene intellettuale e morale senza neppure accorgervene. E questo la impoverisce sempre di piu”. E conclude: “Sono certo che la città reagirà in un modo composto, ma in difesa dei valori in cui crede’’. E se tutto ciò non basterà, assicura Isgrò, la parola passa alla carta bollata.

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