Se vuole, posso scattarle una foto vicino al presidente. Anche no, grazie. Il presidente in questione non è né B. (ci voleva coraggio a invitarlo nell’anno del bunga bunga), né Napolitano, acclamato domenica all’inaugurazione come un messia. Un’ancora di salvezza. Anzi un venerato maestro (cfr Repubblica di lunedì, dove Massimo Giannini con precipitoso metus ribattezzava il discorso presidenziale “Lezione di Rimini”). Il presidente che figura in cartonato a dimensione reale all’ingresso del Meeting di Comunione & Fatturazione (definizione coniata da Dagospia) è Roberto Formigoni, governatore della Lombardia. Appena entri ti offrono il suo braccialetto che sembra una gelatina tricolore. E un’avvertenza: il presidente sta raccogliendo “buone idee per l’Italia”, in caso si può lasciare la propria.

A spasso tra Dio e Mammona, nel Vangelo degli sponsor, l’equilibrio è traballante. Ma sono coscienze liberate: i soldi non sono un peccato capitale. Del resto anche i nipotini del Capitale (quello di Marx) hanno ampiamente superato il complesso della ricchezza. E qui c’è anche la Coop – quella che sei tu, chi può darti di più – a far sfoggio dell’educazione al “consumo consapevole”. L’unica cosa “rivoluzionaria” è la merendina naturale anti-obesità. Di rosso c’è pure la Regione Emilia-Romagna, in buona compagnia di molte colleghe: tra Regioni ed Enti per il turismo al Meeting dei ciellini arriva, quest’anno, circa un milione e mezzo di euro.

C’è anche il Lazio (naturalmente Gianni Alemanno è invitato a parlare di Federalismo fiscale, giovedì, con Fassino e Calderoli): “Roma Capitale” attira gli avventori con il solito centurione addobbato alla bene e meglio, scudo e spada di plastica. Dentro ti spiegano “come cambia la mobilità di Roma”. Naturalmente nessuno ti dice che in questi giorni entrare nella metro a Termini è un grand tour nell’inferno. Lì vicino uno stand ti esorta a “scoprire Oasi, la rivista promossa dal cardinale Scola”. Una signora molto mite si avvicina e chiede: “Posso lasciarle un messalino? È gratuito”. Letture per la Messa “commentate per vivere la parola di Dio”. Dentro, tra un passo di Luca e uno di Matteo, c’è il bollettino postale per abbonarsi: l’efficienza non fa difetto. E nemmeno l’organizzazione.

Gli spazi per i bambini sono immensi e tutti sponsorizzati. Così Intesa San Paolo (la beatitudine nel nome) ha allestito un enorme tris da pavimento e il Superenalotto trionfa nello Sport village dove centinaia di ragazzini giocano a calcio, basket, pallavolo, biglie. Un grande oratorio arancione dove quando chiedi se si può giocare una schedina ti guardano scandalizzati: “Ma no, qui si fa sport per i giovani”. Infatti, si può giocare al Superenalotto in tabaccheria, qualche padiglione più in là. Scriveva Camillo Langone su Libero che il Meeting sembra Las Vegas senza lap dance. Ma San Marino c’è e lotta insieme a loro con una bella roulette, fiches e croupier inclusi. Non si punta denaro, è “solo per provare”. I mercanti non fanno paura al Tempio e nel gran bazar dell’anima non manca nulla: dal sempreverde Folletto Worker a quelli che ti vendono il cuscino massaggiante. “Ma il giro d’affari è nullo quest’anno, non si vende più. Oggi ho incassato 200 euro, due o tre anni fa ne facevo 1500. Gente ce n’è, ma i soldi no”.

La crisi, la manovra, la patrimoniale: non si parla d’altro qui. Con le solite, vuote e insopportabili formule tipo “sistema Paese”, “tavolo per lo sviluppo” o “patto sociale”: la gente non le capisce, capisce solo che siamo più poveri, alla fine del mese mancano soldi e non c’è lavoro. A questo proposito in mattinata l’amministratore delegato di Finmeccanica, Giuseppe Orsi, si segnala per un’imperdibile paternale contro i neet (acronimo di Not Employed, Education or Training) , ovvero quelli che non lavorano, non studiano e non fanno niente. Secondo lui l’impatto sociale di queste persone è pari a chi delinque o si droga, bisogna che questi ragazzi siano disposti a fare lavori transitori, “anche manuali”. E poi con un bel sistema di crediti come all’università si crea il lavoro a punti. Il problema, udite udite, è che “bisogna recuperare l’etica del lavoro”: perché “lavoro ergo sum” (per la serie vaccate cartesiane). Tra i molti applausi di una platea composta quasi esclusivamente da imprenditori paonazzi in blazer blu, qualcuno gli urla: “Ma lei ha provato a cercare lavoro in questo Paese?”.

Il dibattito continua con gli altri manager di Dio: il più civile e presentabile Corrado Passera (ad Intesa San Paolo), Fulvio Conti (ad di Enel che ieri ha incontrato i lavoratori di Porto Tolle), Bernhard Scholz (presidente della Compagnia delle Opere, che sembra un Rudy Voeller arrabbiato). Con loro c’è anche il ministro Paolo Romani, autore della più classica gaffe berlusconiana: prima sostiene che nel Pdl, il “partito del carisma”, bisognerà affrontare il problema della leadership e due ore dopo smentisce (tiratina d’orecchi da Palazzo Grazioli?). Più tardi arriverà anche il compagno di Titanic Maurizio Sacconi. E dopo la visita del lungimirante manager con il maglioncino (spiace per Marchionne ma allo stand della Fiat non c’era un’anima), ieri si è fatto vedere anche Mauro Moretti, trionfante ad di Trenitalia (“trasportiamo 2,5 milioni di passeggeri ogni weekend”). È indagato nell’inchiesta di Napoli sulla P4. Ma non c’è da stupirsi della sua presenza qui: secondo i pm deve qualche favore a Papa Alfonso.

Il Fatto Quotidiano, 23 agosto 2011

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