In attesa che le manovre degli investitori vengano bloccate con nuove regole, l’Europa rischia di soccombere per le elezioni presidenziali francesi e le politiche tedesche. Venerdì il commissario agli affari economici monetari, Oli Rehn, ha annunciato una blanda ipotesi di Eurobond (ma sarebbe più opportuno chiamarli e-bond) ed immediatamente è stato colpito dal fuoco di fila della Merkel e di Sarkozy. Il presidente designato da Parigi e Berlino alla guida del, per ora fantomatico, governo europeo dell’economia ha immediatamente rincarato la dose. Per Van Rompuy, l’Europa non sarà pronta ad emettere eurobond fino a quando non ci sarà una maggiore convergenza tra i bilanci e le economie nazionali. “Gli eurobond si potranno emettere il giorno in cui ogni Paese avrà i bilanci in pareggio o almeno virtualmente in pareggio”, ha detto, sottolineando che “al momento ci sono tre paesi, Grecia, Portogallo e Irlanda, che stanno ricevendo assistenza finanziaria, e ci sono debiti nazionali che vanno dal 6,6 per cento del Pil in Estonia al 142,8 per cento del Pil in Grecia. Non è dunque il momento giusto per creare un’agenzia unica del debito” a livello europeo.

La conferma del clima che si respira a Berlino arriva dalle parole del ministro dell’Economia e leader del partito liberale alleato della Merkel: “fino a quando questa coalizione sarà al governo, non ci saranno Eurobond”, ha detto seccamente Philipp Roesler, in una intervista al domenicale Bild am Sonntag, aggiungendo che l’emissione degli Eurobond “minaccerebbe la crescita economica della Germania, perchè porterebbe a un aumento dei tassi d’interesse”. Il tentativo del governo Merkel è chiaro: sgombrare il campo dal dibattito Eurobond almeno sino all’apertura delle urne.

Ma non sarà facile tranquillizzare i tedeschi sugli e-bond. Secondo l’autorevole istituto di ricerche economico IFO l’introduzione di emissioni di debito sovrano congiunte a livello europeo costerebbe alla Germania, nel lungo termine, circa 47 miliardi all’anno. Secondo il capo-economista dell’istituto, Kai Carstensen, “la maggior parte dell’impatto sarebbe atteso da qui al 2020”. Gli oneri dovrebbero essere sopportati da Berlino, hanno spiegato gli esperti dell’ifo, anche dopo la scadenza di tutte le emissioni a lungo termine al momento già in circolazione. Nel lungo periodo, la convergenza ‘artificiale’ dei tassi nominali, dovuta alla messa in comune delle emissioni, “comporterebbe per la Germania costi aggiuntivi considerevoli”. Basando il calcolo su emissioni con una durata media di 7,5 anni, lo Stato tedesco paga circa 2,3 per cento in interessi rispetto alla media delle emissioni dei Paesi dell’Eurozona. A fine luglio, ricorda l’Ifo, il tasso d’interesse nominale sui bond decennali era il 4,6 per cento nella media dell’Eurozona, 2,6 per cento per la Germania, 5,9 per cento per l’Italia, 6,1 per cento per la Spagna, circa l’11 per cento per Portogallo e Irlanda e quasi il 15 per cento per quelli greci. Visto il livello assoluto del debito pubblico tedesco, pari a 2.080 miliardi di euro, il costo annuo in maggiori interessi sarebbe di 47 miliardi. Secondo Carstensen, la proposta sugli Eurobond e’ da respingere totalmente, in quanto “qualcuno alla fine ne dovrà sopportare i costi” e, davanti a queste cifre, “non è difficile capire chi sarà”. In realtà anche questa analisi è in realtà fortemente discutibile: non è assolutamente detto che il tasso degli e-bond debba essere visto al rialzo, rispetto all’attuale livello pagato sui Bund tedeschi, come dimostra il fenomeno di vero e proprio crollo dei rendimenti dei Treasury americani o dei Gilt britannici scesi questi ultimi a livelli che non si registravano dall’epoca vittoriana. Gli interessi applicati ai bond decennali emessi dal Tesoro britannico hanno infatti raggiunto il record del 2,24 per cento. L’ultimo Cancelliere dello Scacchiere che ebbe la fortuna di prendere a prestito denaro con un tasso così favorevole fu Sir Michael Hicks Beach nel 1890 e al trono sedeva sua Maestà la regina Vittoria.

Al di là delle prese di posizione della Germania sia alla Bce sia alla commissione stanno analizzando da alcuni mesi le ipotesi che potrebbero essere messe in campo per l’emissione di e-bond. Due economisti del Bruegel Institute, Jacques Delpla e Jacob Von Weizsäcker hanno proposto di creare due tipi di e-bond: blu, fino al 60 per cento del Pil, con garanzia congiunta; e rossi, senza garanzia congiunta e subordinati ai bond blu, per il resto. Il vantaggio di questa proposta è che mantiene i segnali di mercato sul debito in eccesso del 60 per cento del Pil, permettendo ai Paesi indebitati di godere di un tasso meno elevato sul primo 60 per cento del debito. Questa proposta permetterebbe di guadagnare l’effetto liquidità almeno su un debito pari al 60 per cento del Pil europeo. Tuttavia, per rassicurare i tedeschi, Delpla e Von Weizsäcker propongono che i bond blu siano pagati esplicitamente da ogni Paese con una data percentuale dell’Iva. In questo modo ogni Paese sarà chiamato a partecipare all’incirca in linea con il proprio Pil, evitando così che qualcuno tenti di andare al traino; e ogni cittadino avrà chiaro il sacrificio che gli viene richiesto.

Andrea di Stefano

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