La fine di un impero si nota anche da dettagli come questo: la fuoriuscita di vecchi arnesi dai relativi sarcofaghi, con la pretesa d’essere loro a reggere in mano il malfermo lume della ragione. Così avviene durante le settimane in cui il berlusconismo si consuma nella necrosi. Gran parte dei topi scappano o s’apprestano a farlo; altri rosicchiano un altro po’ del residuo rosicchiabile, ché quando ricapita. E nel mezzo di tanta convulsione, guarda un po’ chi riprende fiato? Il duo dei prof. ex forzitalioti, Antonio Martino e Marcello Pera, pretesi portatori dell’originario spirito liberale. Che solo loro credono ancora sia mai esistito, e vabbe’. Il fatto è che, in questi giorni di follia in libera uscita, i due si ringalluzziscono. E del resto, se un ministro in carica rilascia frasi del tipo “le pensioni stanno bene come stanno”, volete che non anche il Martino-Pera non si senta autorizzato a dire la propria?

E dunque, eccoli in prima fila a criticare dall’interno la manovra finanziaria del governo. L’uno a interpretare come al solito la parte dell’allievo (l’ennesimo) di Milton Friedman, e a sciorinare da ogni tribuna un fiacco catechismo ultraliberista; l’altro per lungo tempo scimmiottatore di Popper, poi antipopperiano convinto, e adesso? “Puppa!”, direbbero a Livorno. Dopo essersene stati per un lustro in letargo deciso di non risparmiare colpi al governo morente. Che come il leone dell’apologo di Fedro, vistosi infierire addosso persino dall’asino, vorrebbe dir loro: “E adesso che mi colpite anche voi, mi sembra di morire due volte”.

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