La tesi di Carlos, in base alla quale Cia e Mossad sarebbero i mandanti della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, non confligge con le risultanze giudiziarie sugli esecutori materiali. I quali, in via definitiva, si sono visti comminare in due casi l’ergastolo e, nel terzo, 30 anni di reclusione. Secondo quanto Carlos ha affermato negli ultimi anni, gli estremisti sarebbero in effetti il braccio armato di un progetto terroristico concepito a livello internazionale per “punire” l’Italia per la sua collaborazione con i palestinesi.

Per quanto riguarda gli esecutori, sono tutti appartenenti ai Nar (Nuclei armati rivoluzionari), organizzazione neofascista nata nella seconda metà degli anni Settanta a Roma. Sono Giuseppe Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, l’unico a non essersi visto comminare la pena a vita perché ancora minorenne al tempo dei fatti. Contro di loro si sono concentrati diversi elementi.

Il più noto è la testimonianza di Massimo Sparti, neofascista in contatto con la banda della Magliana, secondo il quale pochi giorni dopo la strage si sarebbe visto arrivare Mambro e Fioravanti che gli chiedevano un documento falso per la donna. Inoltre sostenne che Fioravanti avesse commentato i fatti di Bologna dicendo “hai sentito che botto?” Molti anni dopo Sparti (e suo figlio) ritratteranno questa testimonianza, sostenendo che l’uomo non si trovava a Roma in quei giorni.

Ma a carico dei militanti dei Nar non ci sono solo queste parole. Intanto, fin dal marzo 1981, il giudice Mario Amato (ucciso dai Nar nel giugno 1980 pochi giorni dopo aver ribadito il suo appello), aveva denunciato al Csm la pericolosità dei Nuclei armati rivoluzionari sostenendo che ci si trovava vicino a una guerra civile e che il clima nelle carceri italiani confermava il suo sospetto. Purtroppo lo disse al vice presidente del Consiglio superiore della magistratura, Ugo Zilletti, iscritto alla P2.

Ci sono poi le cosiddette “notizie preventive” della strage. Quelle raccolte nelle carceri italiane in base alle quali era in preparazione un attentato che avrebbe fatto parlare e scrivere a lungo. A raccontarlo fu Luigi Presilio Vettore, un ex militante di Ordine Nuovo, gruppo neofascista sospettato di essere coinvolto in molte stragi, a iniziare da quella di piazza Fontana del 12 dicembre 1969. Presilio Vettore aveva riferito ciò che in galera era stato detto da altri neofascisti. Inoltre ci furono riunioni preparatorie nella zona di Bologna. Riunioni che, come confermato dalle dichiarazioni raccolte nel corso del processo di Brescia per la strage di piazza della Loggia del 28 maggio 1974, avrebbero visto la partecipazione anche di militari dell’Arma dei carabinieri.

Infine, sempre a carico di Mambro, Fioravanti e Ciavardini, ci sono i cosiddetti “alibi falliti”. Il 2 agosto 1980 i primi due sostennero di essere stati in Veneto, ospiti di alcuni militanti politici a loro vicini. Ma, soprattutto per quanto riguarda la presenza di Ciavardini, cambiarono versione più volte, nel corso degli anni, dando dichiarazioni contraddittorie fra loro. Fioravanti, inoltre, sostenne a più riprese di trovarsi anche da altre parti (sulla costa dell’alto Adriatico e in Puglia), venendo smentito dai riscontri raccolti. Mentre Ciavardini alla vigilia della strage avrebbe invitato un’amica in partenza da Roma per il nord il 2 agosto 1980 a non prendere il treno perché avrebbe potuto correre dei rischi. Timore profetico che, insieme agli altri elementi, andò a costituire il carico di prove contro i militanti dei Nar, condannati in via definitiva nel 1995 per i maggiorenni e nel 2007 per Ciavardini, il cui iter era stato seguito dal tribunale dei minori.

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