Mourinho, lo “Special one”, è personaggio da prendere con le molle. Da sempre, da quando allenava il Chelsea e con gli arbitri proprio non andava d’accordo. L’ultima bizza è arrivata ieri sera quando, al termine di Barcellona-Real, terminata a suo svantaggio, dopo aver eccitato gli animi dei suoi calciatori in modo piuttosto esplicito, non contento si è avvicinato all’allenatore in seconda del Barcellona, Tito Villanova, e gli ha infilato un dito in un occhio.

Già nel 2005 l’Uefa lo accusò di aver creato un clima di tensione al termine di una partita di Coppa Campioni. L’arbitro svedese Frisk, che aveva diretto quella gara, fu costretto a farsi da parte perché vittima di minacce di ogni forma e tipo. Il tecnico portoghese aveva acceso la fiamma e il fuoco era divampato senza possibilità di controllo.

Non era la prima volta e non sarà l’ultima. I rapporti tra l’Uefa e Mourinho non sono mai stati particolarmente distesi. Durante la partita, fa il diavolo a quattro, scalpita con i suoi giocatori, ma anche e soprattutto in direzione dell’arbitro, che se non sbaglia tutto, poco ci manca. Certo, sempre che la gara non finisca platealmente a suo favore, perché in quel caso, meglio parlare di calcio e lasciar perdere il resto. Nei giorni che precedono un incontro importante, fa felici i giornalisti che prendono nota delle sue parole. Le sue dichiarazioni non sono mai accomodanti. Il tecnico più pagato dell’universo pallonaro (il Real lo paga 10 milioni di euro all’anno) dice la sua su tutto e tutti, e poco importa delle conseguenze. “Nessuno mi zittirà”, ha dichiarato alla vigilia di gara due dell’ultima Supercoppa spagnola contro il Barcellona a proposito dell’opportunità di contenere il suo eloquio. Sta agli altri farsi da parte, lui è il migliore, lui è lo “Special One”.

Dal famoso gesto delle manette esibito davanti alle telecamere – piena era Inter  – all’ultimo show che è andato in onda ieri sera a reti unificate poco prima del fischio di fine gara tra il Barca e il Real. In palio, c’era il primo trofeo ufficiale della stagione, la Supercoppa. Di fronte, le due migliori squadre del continente, forse più. Il Real di Mourinho può contare su tanti campioni, il Barcellona di Guardiola sa che se passa la palla a Messi il risultato può cambiare. E infatti, 3 a 2 per i blaugrana a qualche secondo dalla fine. I blancos perdono la testa, Marcelo entra male su Fabregas e scatena la rissa a cui non poteva non partecipare lo stesso Mourinho. Che la fa grossa, da far diventare rosso un bambino birichino. Si avvicina al tecnico in seconda degli avversari, tal Tito Vilanova, e gli mette il dito nell’occhio. Così, per dispetto.

Nella conferenza stampa di fine gara, a chi gli chiede conto del gesto, lui fa spallucce e nega persino di conoscere Vilanova. “Vilanova? Ma no, non so nemmeno chi sia”. E poi, a proposito del comportamento che bisognerebbe tenere durante una partita, ecco che va in scena il Mou pensiero: “Il calcio è per gli uomini”. Come dire, il campo è zona franca, è un’arena, si danno battaglia due squadre che non vogliono perdere, vale tutto, o quasi. Già, quasi. Peccato che il confine sia difficile da tracciare. Almeno, per gli altri. Che per lui tutto è possibile.

Tuttavia, va detto che Mourinho è fra i tecnici più amati in assoluto dai fortunati calciatori (anche per ragioni di stipendio) che hanno la possibilità di giocare alle sue dipendenze. Il portoghese carica i suoi uomini con le molle. Quando escono dagli spogliatoi, non sono degli atleti, sono dei gladiatori pronti a dare la vita per il loro generale. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Quando Mourinho vince, non fa prigionieri. Quando perde, occhio a quello che fa, potrebbe riservare l’ennesima sorpresa.

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