Agosto è sempre stato un mese un po’ speciale. C’è chi ama passarlo in città perché le strade si svuotano ed è bello ritrovarsi la sera con i pochi amici rimasti, poter parcheggiare sotto casa o leggere finalmente un libro in santa pace. Quest’anno invece, almeno a Roma, sembra di essere già a fine settembre. Gran traffico e autobus affollati, negozi aperti o che hanno chiuso soltanto negli ultimi giorni con l’approssimarsi del Ferragosto. Mancano i soldi, lo sappiamo, ma di questo gli italiani non si erano mai preoccupati, abituati a vivere come i nostri governi al di sopra delle proprie possibilità, a rateizzare con la complicità delle agenzie di viaggio il pacchetto vacanze indebitandosi con allegria. Parti oggi e paghi domani.

C’è sempre stata qualche emergenza ad agosto. Dalla fuga di Kappler al timore del golpe, dalle crisi di governo allo scandalo estivo. Qualche volta è un omicidio come quello di Simonetta Cesaroni a riempire le pagine dei giornali. Poi finalmente è arrivato Berlusconi con la bandana, le feste di villa Certosa, Topolanek con gli attributi in vista.., estati  tristemente allegre da basso impero.

Quest’anno è diverso e non soltanto per le borse in picchiata, la rivolta londinese, i morti in Afghanistan e la Grecia alla canna del gas ma perché nella mente di tutti si è insinuato il dubbio che niente sarà più come prima. C’è stata una collettiva presa di coscienza che il mondo si è capovolto. I paesi ricchi sono diventati poveri, il modello sudamericano è diventato inglese, pochissimi nababbi e tutti gli altri in miseria. La Cina paga il debito americano e perfino in Brasile si vive alla grande e si è visto come è andata a finire con Cesare Battisti. Insomma il Terzo Mondo siamo noi. Le analisi da bar si sprecano, ma anche economisti e “maitre a penser” annaspano nel vuoto: bolla finanziaria, economia reale, eccesso di liquidità parole che rimbalzano nelle conversazioni mescolate a termini il cui significato è ignoto ai più. Mib, nasdaq, indice nikkei, spread. Una maionese impazzita. C’è chi annuncia la fine del capitalismo, chi limita il danno alla fine dell’egemonia americana sul mercato, ancora più inquietanti sono le ricette che fluttuano nei dibattiti estivi, nelle improvvisate Lectio Magistralis dove si auspica la vendita all’asta dei patrimoni pubblici a comparatori che nel frangente non si sa chi siano, senza  ricordarci  che “chi vende non è più padrone”. E visto che siamo già uno Stato a  sovranità limitata, per giunta commissariato, come prospettiva non è male.

Ma la panacea di tutti mali è mettere mano alla Costituzione approfittando dell’emergenza, del resto c’era già chi ci provava da tempo.  Forse non dobbiamo preoccuparci troppo, qualcuno al piano attico del mondo sa già come andrà a finire. O forse no perché i burattinai stavolta sono troppi. Meglio riflettere sui mali che abbiamo fatto finto di ignorare, l’eccesso di zelo con cui abbiamo finora sopravvalutato i partners più forti o minimizzato i primi sintomi della crisi delle democrazie occidentali che pure erano sotto i nostri occhi. Oggi che il mito della compassata Inghilterra è andato in frantumi per le scorribande di orde di ragazzini semianalfabeti e poco prima per gli intrecci tra media e potere del sistema Murdoch che hanno minato la libera informazione, pilastro di ogni democrazia, diciamo che tutto ciò non ci rincuora. Anche se forse nessuno dei nostri pessimi governanti avrebbe avuto il coraggio di dire ciò che ha detto Cameron di fronte all’esplosione di un disagio giovanile frutto di un sistema odiosamente classista. “Sono soltanto criminali”. Anche se poi l’età minima dei ragazzini finiti in carcere ha obbligato il premier inglese a fare un passo indietro: “Ma dov’erano i genitori?”. A ubriacarsi nei pub, mister Cameron, non lo sapeva? Noi ci chiediamo invece dove erano le scuole, gli insegnanti, gli educatori. Il sistema scolastico inglese è il peggiore che si conosca, fondato sulla scuola privata. Un sistema che qualcuno voleva importare anche da noi.

La verità è che sta succedendo quello che succede in tutte le famiglie povere. Ricordiamoci che se si litiga quando ci sono soldi da spartire, è la miseria che fa esplodere l’odio.

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