Francesco Cardella, fondatore con Mauro Rostagno della comunità Saman, morto a Managua per un infarto a 71 anni, se n’è andato portando con sé i suoi segreti. In Nicaragua, dove viveva da anni, la giustizia italiana non poteva piú raggiungerlo: le indagini su un suo possibile coinvolgimento nell’assassinio di Rostagno e in un presunto traffico d’armi fra l’Italia e la Somalia, furono interrotte nel 2007. Antonio Ingroia, il procuratore della DDA che ha portato a processo per il delitto Rostagno i mafiosi Vincenzo Virga (presunto mandante) e Vito Mazzara (presunto killer), le avrebbe continuate volentieri, ma dovette fermarsi: non perché trovó elementi che lo scagionavano, come è stato scritto dai giornali in questi giorni, ma solo perché erano scaduti i tempi delle indagini.

La pista del traffico d’armi, che Rostagno avrebbe documentato con un video girato nei pressi di un aeroporto militare in disuso (ma la cassetta non è mai stata ritrovata), non è stata peró completamente abbandonata e potrebbe riemergere nel processo in corso a Trapani che, dopo la pausa estiva, riprenderà il 28 settembre.

Quello che è certo, è che Cardella non avrebbe comunque lasciato il suo auto esilio dorato di Managua per rispondere in tribunale, come testimone, alle domande di giudici e avvocati.

Del resto, come ha scritto Maddalena Rostagno, la figlia di Mauro, sulla pagina di Facebook dedicata al processo,  Cardella “ha avuto molti anni … e diverse opportunità per chiarire circostanze. Non sarebbe mai venuto in aula, al processo. È uno dei tanti uomini italiani a morire con i suoi segreti”.

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