“Dall’inizio della primavera a oggi l’economia di Lampedusa è crollata. Il fatturato delle imprese è sceso dell’80 per cento. E ora i lampedusani rischiano di non superare l’inverno”. Mentre altri migranti continuano a morire nel canale di Sicilia, sull’isola si vive una crisi di cui pochi parlano. A lanciare l’allarme è Claudio Melchiorre, membro del comitato di presidenza dell’Istituto ricerca consumatori di Catania, che da alcuni mesi raccoglie le denunce di centinaia di esercenti, tra ristoratori, baristi, affitta camere e albergatori, ridotti in ginocchio dall’emergenza immigrazione. E decisi a chiedere i danni al governo italiano, che, a parer loro, li ha gettati in un guado da cui non basterà un anno per venir fuori.

“Ci sono strutture che, normalmente, in questo periodo, riescono a guadagnare tre, quattromila euro alla settimana. Adesso, invece, arrivano a stento a 600 euro”. E la colpa è dell’immagine “ormai compromessa” dell’isola, dicono gli abitanti, dopo una gestione dell’emergenza del tutto sbagliata. A febbraio, quando la frequenza degli sbarchi è aumentata, “le direttive sulla gestione egli immigrati sono cambiate”, continua Melchiorre, “sono state diffuse notizie confuse e non rispondenti alla realtà. Ma, soprattutto, con il passare delle settimane, si è creata una situazione senza precedenti, in cui i migranti sull’isola erano più degli abitanti. L’emergenza è montata, giorno dopo giorno”, sotto gli occhi sbalorditi di mezzo mondo, trasformando Lampedusa in un inferno di sofferenza. A pagarne le conseguenze sono stati i migranti, lasciati all’acqua e al vento, e i lampedusani, privati, per i mesi successivi, dell’unica fonte di sostentamento, il turismo.

“Crediamo che ci siano responsabilità precise e già individuate: per questo, abbiamo raccolto 350 adesioni, che stimiamo arrivino a 500, tra le aziende dell’isola (sulle circa 700 presenti, ndr). Insieme si uniranno in un comitato di cittadini che molto presto intraprenderà un’azione legale contro il governo italiano. Abbiamo incaricato un pool di avvocati tra cui il civilista Francesco Di Giovanni e la penalista Antonella Aprile, che stanno già lavorando per tutelare gli interessi dei cittadini lampedusani. Stimiamo che il danno totale subito sfiori i 450 milioni di euro su base triennale: si tratta della cifra massima cui si potrebbe puntare se ognuno dei 6.300 residenti facesse causa al governo. La cifra è così alta perché abbiamo considerato, per le imprese, il lucro cessante, cioè il mancato guadagno futuro, e il danno emergente, ovvero la perdita subita finora. E poi c’è la svalutazione immobiliare, la perdita di redditi individuali e il danno collettivo d’immagine. È giusto che chi ha gettato un’ombra su Lampedusa paghi”.

Secondo commercianti e residenti dunque aver gestito con gravi ritardi il flusso migratorio sulla maggiore delle Pelagie ha creato una crisi senza precedenti e macchiato l’immagine dell’isola, azzerando le previsioni turistiche d’inizio anno, in cui si stimava un +150 per cento di prenotazioni. Oggi, invece, alle soglie di Ferragosto, Lampedusa è un’isola d’altri tempi: in via Roma, la strada principale, ci sono pochi turisti. Camminano nel cuore minuscolo di questa perla del Mediterraneo, davanti allo sguardo rassegnato dei lampedusani. Ognuno di loro, in questa storia, non ha perso solo denaro: il turismo, qui, è un collante sociale, oltre che economico, tiene in piedi alberghi, ristoranti, fruttivendoli, pescatori. Ma soprattutto il morale. È gente abituata ai sacrifici, ma pronta a dividere il pane con chi ha bisogno, a dare un pezzo della propria terra arida per accogliere le spoglie di chi è affogato nella speranza di una vita migliore. E, tra i lampedusani, l’idea che qualcuno speculi sull’emergenza è insopportabile.

“Da un po’ di tempo, in paese, aleggia il sospetto che si stia tentando di deprimere volontariamente l’economia dell’isola”, conclude Claudio Melchiorre, “in modo da spianare la strada per una clamorosa speculazione immobiliare. Il dubbio è nato dopo il sequestro di un’area con diverse abitazioni abusive risalenti a 35 anni fa. Come mai sono passati tutti questi anni prima di un’azione giudiziaria? Inoltre, le case sono state date in custodia a dei fiduciari e non ai proprietari, come si fa di solito. Per carità, finché non c’è una prova, queste sono e restano pure illazioni, e se c’è un reato è giusto perseguirlo”.

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