Il pubblico ufficiale che si rifiuta di contrarre matrimonio tra un cittadino italiano e uno straniero irregolare compie un reato. I sindaci leghisti che in Lombardia come in Emilia-Romagna hanno levato gli scudi contro la sentenza della Corte Costituzionale sono avvisati.

La Corte Suprema aveva dichiarato illegittima la norma contenuta nel pacchetto sicurezza (legge 94 del 2009) che impediva le nozze senza un certificato che attesti la regolarità della presenza in Italia del promesso sposo straniero. Tra i primi a scandalizzarsi per questa sentenza è stato Alan Fabbri, sindaco leghista di Bondeno, nell’Alto ferrarese, e commissario provinciale della Lega Nord di Bologna. “Mi rifiuto di sposare una persona, sapendo a priori che è clandestina – ha sbottato alla notizia –. L’input che darò alla giunta è quello di non partecipare a matrimoni nei quali sia coinvolto un clandestino. Penso sia assurdo che la Corte abbia preso una decisione di questo tipo”.

Il compito di unire i futuri coniugi verrà demandato a funzionari municipali. “Ma a livello morale – ha aggiunto – non vedo come si possa tollerare un fatto di questo tipo, nella consapevolezza che chi verrà sposato non ha i requisiti corretti per poter restare sul nostro territorio”.

In realtà quello che c’è da tollerare è semplicemente la legge. Perché “il diritto di contrarre matrimonio è un diritto inviolabile che spetta ai singoli in quanto esseri umani”. A bacchettare il recalcitrante sindaco è Paolo Veronesi, professore di diritto costituzionale dell’Università di Ferrara. Il docente si arma di codici e buon senso per spiegare, non solo a Fabbri, che “la norma del pacchetto sicurezza era doppiamente illegittima, perché violava anche il diritto dei cittadini italiani che non potevano contrarre matrimonio con stranieri irregolari”. Basti pensare che “si veniva a creare disparità di trattamento anche tra quegli stranieri che si sposavano con cittadini italiani in Italia e quelli che invece lo facevano all’estero (presso il consolato italiano di un altro paese), dove ovviamente vi era il nulla osta al fatidico sì”.

Stesso problema di disparità di trattamento nel caso “di stranieri che si sposano con italiani presso la rappresentanza diplomatica di uno stato estero in Italia: nessuno si sognerebbe mai di chiedere i documenti di soggiorno”.

Oltre alla irragionevolezza della norma, Veronesi chiama in causa anche le principali fonti di diritto nazionale e internazionale. A partire dalla nostra Costituzione. Gli articoli richiamati dalla Corte sono il 2 (diritti inviolabili dell’uomo), il 3 (divieto di discriminazione), il 29 (eguaglianza morale e giuridica dei coniugi), il 31 (la Repubblica agevola la formazione della famiglia) e il 117 (obblighi internazionali).

Nel caso la legge suprema dello Stato italiano non sia sufficiente, ecco che i “disobbedienti” dovranno appuntarsi alla lavagna l’articolo 16 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (“Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione”) e l’articolo 17 della Dichiarazione europea dei diritti dell’uomo. “C’è poi – aggiunge il costituzionalista – una sentenza del 2010 della Corte europea, che vieta agli Stati di porre limitazioni al diritto di contrarre matrimonio”.

Non è tutto. Oltre a non passare il vaglio di legittimità, il dettato del pacchetto sicurezza si scontra anche con la logica. “La ratio della norma– sottolinea Veronesi – era porre un freno al fatto che non si prevedevano indagini in merito alla genuinità dei matrimoni di comodo. Ma già nel testo unico degli enti locali ci sono norme che prevedono la verifica dell’effettiva convivenza e l’utilizzo di ogni prova utile a smascherare l’eventuale esistenza di un interesse non coniugale”.

Ora, annullata la norma con effetto retroattivo, la materia rimane disciplinata dalle leggi precedenti tuttora vigenti. “Norme che valgono per tutti e un pubblico ufficiale è tenuto a rispettarle – avverte Veronesi -. Se non lo fa e impedisce una unione di questo tipo va contro la legge e ne sopporterà le conseguenze sul piano penale, civile, amministrativo e contabile”.

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