La temuta crisi economica ha anche qualche merito. Di aver contribuito al miglioramento della qualità dell’aria in Europa, grazie alla riduzione della produzione industriale, del consumo di energia e del traffico sulle strade. Questa è la conclusione del rapporto annuale dell’Agenzia europea per l’ambiente (Eea), che fa il punto sul livello dei principali inquinanti atmosferici nell’Ue. Il calo più evidente è quello degli ossidi di zolfo Sox (un -21% tra il 2008 e il 2009 che conferma comunque il trend di diminuzione iniziato nel 1990), così come del monossido di carbonio (-62%), dei composti volatili organici non metanici NMVOCs (–55%) e degli ossidi di azoto (-44%).

Secondo l’agenzia Ue un ruolo determinante l’ha giocato proprio la crisi economica degli ultimi anni, che ha provocato una contrazione della produzione e dei consumi soprattutto in Paesi come Bulgaria, Polonia, Romania e Spagna. Questo ha portato a un calo delle emissioni di ossidi di azoto e del temibile particolato (-10%), elementi che sono all’origine di numerose patologie dell’apparato respiratorio e disfunzioni polmonari. Il particolato, compreso il Pm10, è prodotto in larga misura dal trasporto su gomma, che insieme alla produzione industriale e al riscaldamento delle abitazioni costituisce la maggior fonte inquinante in Europa. Una netta riduzione delle emissioni di particolato si è avuta sempre nel 2009 grazie all’introduzione di marmitte catalitiche per le automobili e alla riduzione delle emissioni permesse ai veicoli pesanti. Un guadagno in salute che purtroppo è andato in parte perso per la parallela impennata delle emissioni del traffico aereo (+79%). E il continuo rifiuto di Stati Uniti e Cina di aderire al nuovo sistema del mercato emissioni Ets per le compagnie aeree che fanno scalo in Europa di certo non aiuta.

Se l’Italia sembra aver fatto qualche passo avanti sulle emissioni di ossidi di azoto, composti volatili organici non metanici e diossido di zolfo, non si può dire la stessa cosa per il Pm10, le cosiddette polveri sottili, causa di asma, problemi cardiovascolari, cancro ai polmoni e morte prematura. Secondo il rapporto annuale “Mal’aria di città 2011” di Legambiente, lo scorso anno 48 province italiane hanno superato i limiti di concentrazione di Pm10 previsti dalla legge, con i record di Torino e Frosinone (134 e 108 superamenti). Seguono Asti (98), Lucca (97), Ancona (96) e Napoli (95). Ma la lista è ben più lunga, con ben 21 città che hanno registrato 70 giorni fuori limite, cioè il doppio ammesso dalla normativa Ue del 2008. Così nel novembre scorso l’Italia è stata deferita dalla Commissione europea alla Corte di Giustizia Ue per il mancato rispetto delle norme comunitarie sulla qualità dell’aria, dal momento che “non ha ancora affrontato in modo efficace il problema delle emissioni eccessive per l’inquinante atmosferico particolato fine, o Pm10”.

L’Europa qualche passo in avanti l’ha fatto, ma ancora non basta, come ammette lo stesso commissario Ue all’Ambiente Janez Potočnik: “Se guardiamo ai risultati ottenuti dall’Europa nel miglioramento della qualità dell’aria, possiamo esserne orgogliosi. Tuttavia di fronte ai 500mila casi di decessi prematuri dovuti all’elevato livello di inquinamento atmosferico provocato da particolato, vi è chiaramente ancora molto lavoro da svolgere”. Per questo la Commissione europea, nell’ambito del riesame globale delle politiche Ue sulla qualità dell’aria post 2020, ha avviato una consultazione pubblica sulle politiche in corso che si concluderà entro il 2013.

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