Undici Scuole al posto delle tradizionali 23 Facoltà. Consigli di campus e nuovi assetti per il Consiglio d’amministrazione e il Senato accademico. Con il via libera al nuovo statuto, l’Università di Bologna cambia volto. Nuove strutture, nuove regole, e nuova distribuzione di poteri. Insomma per l’Università più antica d’Europa una vera e propria rivoluzione, imposta dalla riforma Gelmini e frutto di mesi di lavoro della commissione creata ad hoc per la riscrittura del testo.

Rettore – Resterà in carica 6 anni non rinnovabili (quindi l’attuale rettore Ivano Dionigi gestirà l’ateneo Bolognese fino al 2015 e poi a casa). Sarà eletto da professori e ricercatori, componenti del Consiglio studentesco, rappresentanti degli studenti negli Organi collegiali delle strutture e, per la prima volta, anche dal personale tecnico e amministrativo assunto a tempo indeterminato (con un peso del 18%). Il sistema sarà a maggioranza assoluta dei voti e in caso di mancata elezione al primo turno si passerà subito al ballottaggio.

Consiglio di amministrazione – Passa da 25 a 11 membri: oltre al Rettore, ne faranno parte 2 studenti, 5 interni e 3 esterni nominati dal Senato. Il Comitato di Selezione dei candidati (formato da 5 membri di cui 3 esterni nominati dal Rettore e 2 interni nominati dal Senato) proporrà una rosa di persone almeno doppia rispetto al numero di membri da designare. Organo non elettivo, il Cda resterà in carica 3 anni, senza possibilità di sfiducia da parte del Senato. Insieme al Rettore, sarà di fatto il vero organo decisionale dell’Ateneo, responsabile dell’indirizzo strategico e della programmazione finanziaria e del personale. Secondo le nuove regole, inoltre, i componenti del Cda non potranno essere “portatori di alcun interesse economico o professionale in conflitto con le attività dell’Ateneo e non dovranno ricoprire o aver ricoperto cariche politiche o sindacali nell’anno precedente”.

Senato accademico – Il numero dei componenti scende da 42 a 35 (Rettore, 6 rappresentanti degli studenti, 10 direttori di Dipartimento, 15 professori/ricercatori, 3  rappresentanti del personale tecnico e amministrativo).  Resterà in carica 3 anni e ciascun membro potrà essere rinnovato una sola volta.  Con la nuova carta il Senato sarà una sorta di “parlamento” dell’università, rappresentativo delle varie componenti e dotato di potere più consultivo che decisionale. Avrà la facoltà di esprimere pareri obbligatori al CdA su materie come la didattica, la ricerca, il bilancio, i servizi agli studenti, e l’attivazione o la soppressione di corsi.

Organi ausiliari – Nascono la Consulta del Personale tecnico e amministrativo e la Consulta dei Sostenitori, ossia un organismo formato dai soggetti e dalla istituzioni che concorrono a promuovere e sviluppare le attività scientifiche e formative. Convocata almeno due volte l’anno, la Consulta dei Sostenitori potrà esprimere pareri sulla programmazione triennale e proporre un membro esterno del Cda al Comitato di Selezione.

Dipartimenti e scuole – Spariscono le classiche Facoltà. Al loro posto 11 Scuole, ossia strutture organizzative di coordinamento delle attività di formazione e di raccordo tra i vari dipartimenti. Definiti dal rettore Dionigi “cuore e cardine dell’Università”  i nuovi 33 Dipartimenti invece gestiranno sia l’attività didattica sia la ricerca, e saranno i destinatari delle risorse. Per la costituzione di un singolo dipartimento serviranno almeno 50 tra professori e ricercatori.

Multicampus – Ciascuna delle sedi di Cesena, Forlì, Ravenna e Rimini avrà un Consiglio di Campus per il coordinamento delle attività didattiche e di ricerca, dotato di autonomia gestionale e organizzativa. Sarà composto dai direttori dei Dipartimenti con sede nel Campus, i responsabili delle Unità organizzative di sede, i presidenti delle Scuole, una rappresentanza degli studenti, un rappresentante del personale tecnico-amministrativo, il responsabile amministrativo-gestionale del Campus, un rappresentante designato congiuntamente da enti locali ed enti di sostegno.

(g.z.)

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