Il presidente dell'Eritrea Isaias Afwerki

Un nuovo fronte di crisi internazionale potrebbe aprirsi presto in Africa orientale. Riguarda l’Eritrea, l’ex colonia italiana che dopo l’indipendenza faticosamente conquistata dall’Etiopia nel 1993 dopo decenni di guerriglia, ha imboccato una strada sempre più autoritaria nelle mani del presidente Isaias Afwerki.

Tra sabato e domenica, il Gruppo di monitoraggio su Somalia ed Eritrea dell’Onu ha consegnato un rapporto che accusa il governo dell’Asmara di aver organizzato l’attentato, fallito, contro il summit dell’Unione Africana, a gennaio 2011 nella capitale etiope Addis Abeba.

Il rapporto, ottenuto dall’agenzia Reuters, definisce il regime di Afwerki una minaccia per la pace e la sicurezza nell’Africa orientale. Il piano, stando al documento, prevedeva l’uso di autobomba per colpire il mercato tra la residenza del premier etiope Meles Zenawi e l’hotel Sheraton, dove erano ospitati la maggior parte dei delegati dei governi africani che partecipavano al vertice. Le operazioni dei servizi di intelligence eritrei ormai non si limiterebbero più a colpire l’Etiopia, il nemico storico, ma si estenderebbero anche ad altre zone dell’Africa orientale, in particolare la Somalia, ma con ramificazioni nel Sud Sudan, in Kenya, nella stessa Etiopia, a Gibuti e in Uganda. Un livello di attività che “rappresenta una minaccia per l’intera regione”. Il rapporto si basa sulle indagini avviate dai servizi di intelligence etiopi dopo la scoperta del piano, che avrebbe dovuto essere attribuito all’Oromo Liberation Front, un gruppo armato di opposizione etiope, ma che porterebbe direttamente fino al governo eritreo.

Secondo il documento, contestato dal governo eritreo, i servizi di intelligence dell’Asmara avrebbero inoltre scelto di appoggiare, sia in Etiopia che in Somalia, anche gruppi terroristici e in particolare le milizie Al Shabab, che controllano la zona centro meridionale della Somalia e sono considerati vicini ad Al Qaida.

“Mentre in passato l’appoggio eritreo a gruppi armati stranieri si è limitato a operazioni militari convenzionali – si legge in uno degli estratti pubblicati dalla Reuters – il piano per colpire il summit dell’Unione Africana ad Addis Abeba rappresenta un cambiamento qualitativo nelle tattiche eritree”.

L’ambasciatore eritreo all’Onu Araya Desta ha commentato duramente il rapporto. All’emittente panaraba Al Jazeera ha detto che “è pura fiction, ridicola e oltraggiosa”. Il Gruppo Onu, secondo Desta, sarebbe condizionato da un pregiudizio anti-eritreo: “Hanno detto che l’Eritrea avrebbe avuto 2 mila soldati in Somalia – ricorda Desta – Ma quando l’Etiopia ha invaso la Somalia nel 2006 (nell’ambito della missione internazionale dell’Unione Africana a sostegno del governo provvisorio somalo, ndr) non ne hanno trovato nemmeno uno”. Secondo il rapporto, invece, l’Eritrea fornirebbe appoggio logistico, armi e addestramento agli Shabab somali, proprio per colpire l’Etiopia.

I gruppi dell’opposizione eritrea in esilio sostengono da tempo che l’autoritario governo di Afwerki sia in contatto con gli Shabab e anzi serva a canalizzare verso la Somalia armi di varia provenienza, in violazione dell’embargo internazionale.

Sul piano interno, poi, l’Eritrea è in una situazione molto difficile. La chiusura del regime, per esempio, rende impossibile sapere quale sia l’impatto in Eritrea della siccità che sta colpendo tutta l’Africa orientale. Il capitolo dedicato all’Eritrea nell’ultimo rapporto di Amnesty International descrive un paese-caserma, con la popolazione di fatto prigioniera di un regime che considera tradimento lasciare il paese. I profughi eritrei che riescono a scappare e ad attraversare la Libia o il Sudan per cercare di arrivare sul Mediterraneo e da lì in Europa rischiano pene durissime in prigioni dove la tortura è all’ordine del giorno, oltre che ritorsioni sui propri familiari. Secondo alcuni esuli, che preferiscono rimanere anonimi per ragioni di sicurezza personale, il paese è da tempo sull’orlo del collasso e al regime non resta che la retorica della minaccia etiope per spremere le ultime gocce di un consenso che il presidente Afwerki si era guadagnato quando era il leader della guerriglia indipendentista.

Ad Afwerki rimangono alcuni – pochi – appoggi internazionali, in particolare in Italia, dove verrebbe segretamente a curarsi. Uno degli amici dichiarati di Afwerki è Pier Gianni Prosperini, l’ex assessore lombardo agli arresti domiciliari per accuse di corruzione e false fatture. Il 21 luglio il gip Andrea Ghinetti ha disposto una nuova misura di custodia cautelare ai domiciliari sulla base dell’accusa di traffico d’armi. Per i pm milanesi, Prosperini, che nel suo studio ha una bandiera dell’Eritrea, avrebbe cercato di far arrivare al governo di Afwerki una partita di visori notturni. Secondo il gip, non è sicuro che la partita fosse effettivamente destinata all’Eritrea, anche se i rapporti tra Prosperini e l’Asmara non sono un mistero per nessuno.

di Joseph Zarlingo

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