Peggio che a Roma. Questi ministeri al Nord, nel giorno della loro inaugurazione, hanno finalmente mostrato ciò che sono: un feudo leghista. Umberto Bossi, Roberto Calderoli, Rosy Mauro, Giulio Tremonti, Giancarlo Giorgetti, Roberto Cota, Davide Boni: tutti vestiti di verde (anche Tremonti), belli soddisfatti e sorridenti a festeggiare non un reale decentramento utile per i cittadini ma la conquista di tre sgabuzzini in uno spazio pubblico, la splendida Villa Reale di Monza.

L’opposizione ha definito l’inaugurazione una “pagliacciata”, una “buffonata”, una “sceneggiata pagata dai contribuenti”, uno “spreco di denaro pubblico”. Tutto vero. Ma principalmente, questi uffici al Nord, sono l’esposizione del potere. Del potere che la Lega ha nel Governo e su Silvio Berlusconi, ormai totalmente in mano al Carroccio. Di quel potere della Roma ladrona, tanto criticato dai leghisti in campagna elettorale, ma ormai talmente acquisito da sfoggiarlo con disinvoltura imbarazzante. Del potere che a parole dice di volersi ridurre i privilegi (Calderoli) e poi senza vergogna fa bloccare il traffico e sfreccia tra i cittadini in coda con dodici auto blu a sirene spiegate per poi sparire dietro un cancello. Del potere che indifferente sfila tra una ventina di persone che protestano contro la Casta, e, sicuro della protezione di Polizia e Carabinieri, si infila in un albergo di lusso a mangiare. E alle grida dei presenti “lì ci andate con i nostri soldi, buffoni” risponde sorridendo e facendo spallucce. All’inaugurazione degli uffici a Villa Reale è successo anche questo.

Il potere che considera gli uffici ministeriali proprietà del partito: la Lega. E così lascia fuori dal cancello chi non è del partito. Cittadini che vogliono partecipare a un evento, convinti che si sarebbe svolto sotto la bandiera italiana di tutti; ma anche consiglieri comunali dell’opposizione regolarmente muniti di invito. Senza foulard o cravatta verde vietato entrare. Ed è vietato anche mostrare il tricolore: qualcuno tenta di attaccarlo al cancello, viene fermato e allontanato dalla sicurezza leghista. Sì, perché come se non bastasse lo spiegamento di oltre sessanta tra poliziotti e Carabinieri, ci sono anche i security man verdi.

Del potere che considera i giornalisti un microfono a cui dire ciò che vuole. E basta. Che pensa sia normale mandare a quel paese i cronisti che provano a fare domande e si sente in diritto di tirare le orecchie in pubblico anche al Corriere della Sera: “Corrieraccio, avete preso la strada sbagliata, verso sinistra; ci rompete le balle. Mi fanno male gli occhi ma non il pugno”, ha detto Bossi rivolgendosi ai cronisti del quotidiano di via Solferino. E tutti a ridere. Ma di cosa? E quando poco dopo alcuni cronisti tentano di fare domande lui risponde mandando a fare in…. Lì, sì. E intorno a lui tutti a ridere. Di nuovo. Ma di cosa? Giornalisti usati come microfoni. Bossi entrando si lascia scappare: “Dei problemi con Berlusconi chiedete a lui”. Di questi tempi, con la crisi di governo praticamente in atto, una frase del genere conferma gli attriti con Arcore. E li aggrava. Così per correggersi il senatùr convoca solo la cronista dell’Ansa e, comodamente seduto a tavola, si rimangia anche quanto detto prima: “Con Berlusconi va di bene in meglio”.

Del potere che non si nasconde ma anzi si celebra. E che riesce a dire, pensando di essere preso sul serio, che gli uffici saranno un “pensatoio”, ha detto Calderoli. Ecco, di un pensatoio leghista se ne sentiva proprio la mancanza.