Nel 2001 non ce ne accorgemmo, che quell’anno avrebbe cambiato tutto.

Come avremmo potuto? Avremmo dovuto essere delle cassandre. E personalmente, ero troppo giovane e poco avvezzo a tentare di avere una visione d’insieme. A Genova ci vivevo. E avevo pure una specie d’ufficio d’appoggio in Piazza Alimonda. Il che non mi fa dire “Io c’ero“, semplicemente perché non c’ero, in quei giorni, per questioni lavorative. Ritornai in città il 22 luglio, e c’erano ancora le macchine ribaltate che erano state inquadrate da tutte le prospettive, e le vetrine rotte e lo sgomento per la morte di Carlo Giuliani, e tanti discorsi qualunquisti tipo “a me non mi hanno mica ammazzato” e almeno due nuovi termini da dare in pasto ai giornali: “zona rossa” e “black bloc“. E molte altre cose che ancora non sapevamo.

Il 2001 non sarebbe finito lì. C’era l’11 settembre, in agguato: dovevano ancora essere abbattute le Twin Towers.

E a leggere l’elenco dei fatti di quell’anno, mi rendo conto che non si direbbe nemmeno oggi, che quel 2001 avrebbe cambiato tutto. C’era Apple che lanciava il primo iPod, Bill Gates che proponeva Windows XP, il Gladiatore che vinceva l’Oscar come miglior film – pessima scelta, specchio dei tempi? C’era un certo Gianfranco Fini che annunciava Faremo piazza pulita alla Rai. Allora non si era ancora accorto di chi fosse Berlusconi, giusto?

E il casus belli era, guarda un po’, un’intervista di Daniele Luttazzi (allora la rete non era così evoluta da permettere ai fan di scovare l’abnorme quantità di citazioni del comico italiani) a Marco Travaglio. Insomma, non sembra cambiato molto. Il programma si chiamava Satyricon. E fra l’altro, La7 cominciava a trasmettere quell’anno. Tempo dopo avrebbe ospitato l’esule Luttazzi per poi chiudergli il programma.

Guido Bertolaso veniva nominato a capo della Protezione civile con la benedizione di Gianni Letta. I Grandi eventi non c’erano ancora, sarebbero nati proprio quell’anno. Ma c’era la cronaca nera – la morte della contessa Francesca Vacca Agusta, per dire. Ma se ne parlava un po’ meno e non ci si facevano le serie di approfondimento da telebecchini (per citare un collega). In Israele, la questione palestinese mieteva vittime, come oggi, senza che l’occidente avesse il coraggio di raccontarla davvero. E questo non è cambiato affatto. In Italia, il ministro dell’Economia era Tremonti e il premier era Silvio Berlusconi. Nemmeno questo è cambiato. La comunicazione era meno ossessiva e frenetica. Lo sarebbe diventata dopo l’11 settembre. E noi ci saremmo cascati in pieno.

Ma dieci anni dopo è anche troppo facile dirlo: il 2001 ci lasciò la paura. L’incertezza. Segnò la fine di un certo modo di vivere i movimenti. Ci spinse più forte verso i nostri giardini, a curare gli interessi personali piuttosto che quelli collettivi, rese tutto più difficile. Ci disperse e ci sparpagliò, creando il pericolo e segnando, definitivamente, l’escalation di alcune parole chiave nella politica e nella comunicazione. Come questione di sicurezza e guerra al terrorismo.

Il 2001 rappresentò una vittoria del sistema e di un conservatorismo repressivo e aggressivo – la “sicurezza” diventa ben presto una parola chiave anche a “sinistra”, per inseguire la destra sul suo terreno e limitare i danni. Creandone di ulteriori, invece – che fa da sfondo politico perfetto a quel capitalismo neoliberista aggressivo e rapace che ha bisogno di individui divisi e dediti a occuparsi del proprio giardino.
Il 2001 è l’anno chiave della shock economy, un anno di shock collettivo – in Italia e nel mondo – che cambiò tutto.

Fra le conseguenze di uno shock c’è la confusione mentale. Si perde la memoria, ci si lascia trascinare dal flusso di quel che accade, storditi, con la tachicardia, in apnea. Vale per gli individui, vale anche per la società se la si immagina come un organismo.
Ora, dieci anni dopo, lo shock dovrebbe essere stato elaborato, e si può ricominciare a recuperare la memoria. A cominciare dai fatti del G8 di Genova, dall’uccisione di Carlo Giuliani, dalla macelleria della Diaz, dall’ordine di sparare sui manifestanti che diede Scajola, se avessero superato la zona rossa, dalle violenze alla caserma di Bolzaneto, dalle gravi violazioni dei diritti umani commesse secondo una perversa e distorta logica dell’amministrazione dell’ordine.

Rivedere i fatti, ricominciare a chiamare le cose col proprio nome, riappropriarci di tutto quel che ha cambiato, quel maledetto 2001. Smettere di dimenticare e di farci travolgere dal flusso. Fare collegamenti e mantenere salda una visione d’insieme. Mi sembra l’unico paracadute possibile, per il salto nel vuoto nei prossimi dieci anni.

Per un recupero della memoria che poggi su basi concrete, mi piace segnalare che, da oggi, è disponibile online, gratuitamente online, il documentatissimo Genova nome per nome, un’inchiesta di Carlo Gubitosa sui fatti del G8.

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