“Il tempo a nostra disposizione si sta esaurendo”. Lo ha detto Barack Obama nell’ennesimo, e probabilmente conclusivo appello per giungere a una manovra finanziaria complessiva, che preveda un innalzamento del tetto del debito, ma anche la riduzione stabile del debito e del deficit. Il presidente americano ha detto di essere pronto a un compromesso con i repubblicani, anche contro il giudizio del suo stesso partito. Ma ha chiarito che i sacrifici devono essere “condivisi, e non a carico esclusivo della classe media”. “E’ necessario condividere i sacrifici. Non è seria un’intesa che preveda ancora sconti fiscali per i più ricchi e non chieda nulla a chi ha di piu”, ha spiegato Obama.

Da settimane il presidente americano spinge per un accordo vasto, del valore complessivo di 4 mila miliardi circa, che possa “stabilizzare la finanza americana per i prossimi dieci, quindici anni”. Il piano, definito ancora una volta “balanced approach”, un approccio equilibrato, prevede tagli alla spesa sociale (soprattutto Medicare e Medicaid) e a quella militare, ma anche la cancellazione delle agevolazioni fiscali per i ceti più abbienti votate ai tempi di George Bush.

Ancora una volta Obama ha definito questa la sua “prima opzione”, quella in cui crede di più, e che “gode dell’appoggio dell’80% del popolo americano”. Il presidente ha però precisato di essere pronto a un approccio più limitato, la “seconda opzione”, come gli chiedono i repubblicani, soprattutto i settori del partito guidati da Eric Cantor. “Non ho però ancora visto un piano credibile per tagliare 2,4 miliardi di dollari”, ha detto, alludendo alla proposta che proprio i repubblicani intendono presentare alla Camera dei Rappresentanti la settimana prossima.

“L’unica cosa che non possiamo permetterci è la terza opzione, l’immobilità”, ha concluso Obama, spiegando che restano 24-36 ore per un vero accordo, dopo le quali la minaccia del default diventerebbe sempre più credibile. Il possibile compromesso che si profila in queste ore è quello proposto dal leader repubblicano del Senato, Mitch McConnell, che prevede il trasferimento al presidente del potere di innalzare il tetto del debito (il prossimo 2 agosto gli Stati Uniti toccheranno la soglia di indebitamento fissata a 14.300 miliardi di dollari: in caso di mancata revisione, lo Stato non potrà più effettuare pagamenti), e l’istituzione di una commissione che si occupi della revisione del sistema fiscale. In questo modo, i repubblicani si leverebbero dall’imbarazzante situazione di votare l’innalzamento del tetto, cui si sono sempre detti contrari, senza però prendersi la responsabilità del default dell’economia.

Tutto il discorso di Obama è stato costellato da accenti alla necessità che Washington superi “le posizioni ideologiche e gli steccati partigiani”. Nonostante le difficoltà del momento, il presidente ha concluso con una nota di ottimismo, richiamando il motto, oggi così lontano, della sua campagna presidenziale 2008. “Dopo due anni e mezzo alla Casa Bianca, I still have hope, ho ancora speranza”.

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