Per anni ci siamo lamentati di un’instabilità politica che puntualmente non consentiva di concludere naturalmente la vita delle varie legislature. Poi nel ’93 – dopo tangentopoli – Mariotto Segni condusse con successo un’operazione referendaria che mutò in senso maggioritario il sistema elettorale con l’aspettativa di assicurare al Paese una maggiore stabilità politica. Il successo di Segni fu tale che sembrava che avesse in mano il Paese, ma non seppe sfruttare il momento: pareva il vincitore di una lotteria che avesse smarrito il biglietto.

Più della riforma elettorale promossa da Segni in senso maggioritario, è un oscuro incentivo economico che sta assicurando una inossidabile tenuta alle legislature: l’innalzamento da due anni e mezzo a cinque del requisito minimo per maturare un vitalizio parlamentare. Questo incentivo, a mio avviso, spiega meglio di ogni altra dietrologia l’oggettivo inciucio, l’implicito consociativismo, le convergenze pro-casta, tra maggioranza e opposizione: vedi il caso dell’abolizione delle Province.

Suggerisco a tutti, in questo periodo estivo, la lettura di due best-seller di economia: Freakonomics e Superfreakonomics di Steven Levitt e Stephen Dubner. E’ una lettura avvincente e particolarmente utile per noi italiani perchè ci aiuta a leggere la realtà non già attraverso il modo con cui amiamo interpretarla, bensì attraverso le forze reali che determinano i comportamenti sociali.

E’ giusto desiderare un modello, magari migliore, di società, ma per attuarlo non sempre basta la teoria o la retorica politica (o peggio ideologica): più efficace è conoscere le modalità di funzionamento della leva degli incentivi ovvero dei disincentivi reali.

Potremmo, forti di questo approccio metodico, dilettarci a risolvere i casi irrisolti della nostra democrazia: come risollevare il Mezzogiorno, come debellare la criminalità organizzata e l’evasione fiscale, come moralizzare la vita politica, ecc.

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