Il Codacons, dopo essersi fatto promotore della “class action” – azione collettiva – contro la pubblica amministrazione per le classi sovraffollate, e aver incassato con soddisfazione il parere del Consiglio di Stato, che ha respinto il ricorso del ministero dell’Istruzione contro la sentenza del Tar (che imponeva al Miur di emanare il Piano Generale per l’Edilizia scolastica contenente le «norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane nella scuola»), rialza la guardia e propone un nuovo fronte di riflessione (e di scontro).

Il Codacons ha quantificato la cifra a carico delle famiglie i cui figli abbiano contratto debito formativo, rilevando un’impennata nei costi delle lezioni private pari al 17,86% in due anni: quest’anno 825 euro a figlio. Qualcuno ricorderà che il DM 80/2007 di Giuseppe Fioroni attribuì alle scuole la responsabilità di istituire corsi di recupero per i ragazzi che avessero maturato il debito. Apparve subito chiaro che l’operazione – seppure interessante dal punto di vista teorico – non era destinata al successo: non sempre gli insegnanti della scuola sono disponibili al recupero, motivo per cui la funzione viene esternalizzata. Inoltre – e soprattutto – fu evidente da subito che si trattava di stanziare fondi molto ingenti, che con il passare degli anni sono diminuiti di pari passo con il diminuire delle risorse destinate alla scuola.

Oggi per alcune materie non c’è possibilità di organizzare il rispettivo corso di recupero. E anche quando ciò avviene – nelle discipline di indirizzo, ad esempio, quelle relative ai saperi imprescindibili, alle lingue straniere – le ore di lezione che la scuola riesce a racimolare sono decisamente insufficienti. Il mercato delle lezioni lievita a seconda della materia (greco, la più cara) e del destinatario: 33 euro l’ora la media.

Dal ’95 al 2007 una gran fetta di alunni che avevano accumulate gravi carenze in anche più di una disciplina erano andati avanti. Così l’allora ministro Giuseppe Fioroni: “Quarantadue studenti su cento vengono ammessi con debito alla classe successiva, solo 1 su 4 lo recupera, ma gli altri vanno avanti comunque (…) Sarebbe imperdonabile prendere atto di questa situazione e non fare nulla. Per questo ho deciso di stabilire una data per accertare di aver colmato le lacune. Le scuole organizzeranno corsi e faranno verifiche anche durante tutto l’anno, ma l’ultima chiamata dovrà essere fatta prima che ricomincino le lezioni: chi ha saldato andrà avanti, chi ha bisogno di più tempo si fermerà.

Oggi, a distanza di 5 anni, la possibilità di organizzare percorsi di recupero significativi è sempre meno praticabile, per i motivi che tutti ormai conosciamo: la situazione delle carenze dei ragazzi e la mancanza di intervento su di essi sono simili a quelli descritti dall’ex ministro. Alla richiesta pressante di sindacati e scuole di provvedere all’erogazione dei fondi destinati al recupero, il Miur ha fatto sapere alla fine di giugno che 27 milioni di euro saranno destinati all’impresa; 45 milioni lo scorso anno, 53 quello prima. Ricordo che nel 2007 – in occasione delle nuove norme relative al recupero – vennero stanziati 210 milioni di euro. Insomma: il disinvestimento sulla scuola pubblica tocca ovviamente anche l’ambito del recupero di conoscenze e competenze dei nostri alunni.

Niente di drammatico, al cospetto del fatto che – davanti a indicatori di ritardo, dispersione, dissipazione allarmanti – nessuno muove un dito (se non quelli inseriti nelle forbici, per tagliare) al fine di rispondere significativamente dal punto di vista della scuola e non del bilancio dello Stato. Prevenire è meglio che curare: Gelmini non ha preferenze. Ignora con altrettanta ostinazione ed arroganza entrambe le fasi. Per lei la scuola è altrove. C’è da chiedersi dove.

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