Da un anno e mezzo non si hanno notizie dei danni provocati dal disastro del fiume Lambro. Era il 23 febbraio 2010 quando, in seguito ad un sabotaggio, più di 2.500 metri cubi di petrolio uscirono dalle cisterne di un deposito carburante della Lombarda Petroli a Villasanta, in provincia di Monza e Brianza. La melma nera arrivò in poco tempo nel Po e, nonostante gli sforzi della Protezione civile, non fu possibile evitare un vero e proprio disastro ambientale. Un disastro occultato. Già verso giugno 2010, con l’approssimarsi della stagione balneare, i giornali smisero di occuparsi di questa vicenda. A proposito: non sarebbe giusto rendere noti, a tutti i cittadini, i risultati delle analisi fatte a suo tempo dall’Agenzia regionale prevenzione e ambiente dell’Emilia-Romagna (Arpa)? In che condizioni è il Po, oggi (delta compreso)?

In compenso, nel resto del mondo, è possibile trovare qualche esempio incoraggiante di vera e propria green economy. Molto “green”! L’anno scorso il governatore repubblicano della California, l’ex culturista ed ex attore di Hollywood Arnold Schwarzenegger, per tappare un buco di bilancio di 19,9 miliardi di dollari, pensò di introdurre una tassa sulla coltivazione della cannabis. Il gettito fiscale della marijuana medica, circa 200 milioni di dollari, era solo un assaggio di quello che la California poteva incassare se la coltivazione fosse stata legalizzata: la marijuana è la più grande coltura da reddito di quello stato (negli Usa il federalismo è una cosa seria…).

Oggi, lamentarsi dei tagli del governo Berlusconi alle finanze degli enti locali è giustissimo, anzi: a protestare non dovrebbero essere solo i sindaci ma tutti noi, cittadini e cittadine che ogni giorno di più paghiamo le conseguenze di quei tagli. Però non basta.

Molti, a cominciare dal presidente della Regione Vasco Errani, dicono da tempo che questa crisi può rappresentare un’opportunità, a patto che tutta la “comunità” adotti un nuovo mantra: “innovazione, innovazione, innovazione”. Benisssimo. Proviamo a fare una proposta innovativa che, in nome di un federalismo serio (che meglio sarebbe chiamare “parziale autonomia legislativa regionale”), possa essere valutata e, se condivisa, adottata dall’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna. Oltre a favorire, come in parte già si fa, lo sviluppo le energie rinnovabili, potrebbe essere utile che le Istituzioni locali ragionassero (e legiferassero) su come si intende utilizzare – da qui ai prossimi 20-30 anni, possibilmente – quel po’ di territorio scampato alla colata di cemento degli ultimi lustri.

Nel 2007 l’Assemblea legislativa approvò a maggioranza il progetto di legge “Promozione della coltura della canapa (Cannabis sativa l.) e altre colture innovative nel territorio dell’Emilia-Romagna”, presentato da consiglieri Ds, Margherita, Ecodem, Pdci e dall’Idv (che però poi si astenne). Se oggi in Emilia-Romagna, territorio tra i più inquinati d’Europa, anziché continuare ad inquinare la “food valley” cementificando o costruendo inceneritori a due passi dagli stabilmenti della Barilla (accade a Parma, città malgovernata dal centrodestra), si avviasse invece un processo di sperimentazione della coltivazione di cannabis – e, in seguito, della vendita e del consumo privato di “marijuana padana”, tassata con un monopolio regionale simile a quello dei tabacchi… -, forse potremmo prendere tre piccioni con una fava: nuovi posti di lavoro, nuove entrate fiscali e, soprattutto, un efficace lotta alle mafie (che da sempre, direttamente o indirettamente, controllano il traffico di stupefacenti, anche dalle nostre parti).

In Emilia-Romagna non mancano di certo gli esperti di economia, di diritto e, soprattutto, di agraria – si pensi al mancato candidato sindaco Andrea Segré: preside della Facoltà di Agraria dell’Università di Bologna, inventore del “last minute market” (sistema organizzativo che permette alla grande distribuzione di evitare lo spreco di cibi in avanzo, che vengono rimessi sul mercato a prezzi bassissimi poco prima della scadenza). Voglio dire: ci sarà pure qualche “esperto” disponibile a fare due conti e a spiegarci se questa idea possa rivelarsi praticabile? Se così fosse – al di là delle prevedibili barricate ideologiche di un certo parlamentare abituato a straparlare di droga, di Ustica e di altre questioni delicate -, il passo successivo sarebbe quello di tradurla in progetto e, successivamente, in proposta di legge.

Si può fare?

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