Per fermare la democrazia, Ahmadinejad ha soltanto una via d’uscita: segregare la popolazione iraniana in una Internet autoctona, indipendente dal ‘world wide web’ e filtrata all’origine. Un progetto che ad agosto diventerà realtà. Il governo di Teheran ha infatti annunciato il lancio di una Rete nazionale chiamata “Clean web”. Ispirato ai principi ‘halal’, cioè in linea con la legge islamica, il network intende censurare i contenuti moralmente e politicamente scorretti e ‘ripulire’ i social media da post e commenti sgraditi al regime. Un giro di vite sulle libertà online mirato a scoraggiare una nuova primavera araba, sulla scia di quanto è accaduto in Maghreb.

Il ministro delle Comunicazioni Resza Taqipour ha specificato che la intranet indigena sarà lanciata in versione beta in meno di una settimana e i cittadini potranno così testarla. La velocità iniziale sarà di 8Mb e verrà poi incrementata dopo alcune settimane dopo il lancio fino a raggiungere i 20Mb. Dal 2012 poi non sarà nemmeno necessario accedere a Google per effettuare ricerche perché verrà implementato il motore di ricerca di regime. Si chiamerà “Ya Haq”, che significa “Chiamando dio”, e sarà riservato esclusivamente ai cittadini iraniani. Giro di vite anche su siti pornografici, dell’opposizione e dei giornali occidentali, che già oggi sono soggetti a forti limitazioni. Al principio gli internauti potranno navigare in parallelo sulla nuova internet e sul ‘www globale’ ma “presto”, come ha dichiarato il governo senza specificare nessuna data, il 60% degli utenti migrerà sulla Rete ‘halal’ e il nuovo web sostituirà le rete in toto nel giro di due anni. Un provvedimento che limiterà anche i rapporti commerciali, specialmente con Cina e Russia, con gravose ripercussioni economiche sulla popolazione, già minata dalle sanzioni Onu. Su Twitter intanto corre la notizia di Clean Web e di Ya Haq e cresce la preoccupazione dei siriani che, privati anche del supporto della Rete iraniana, vedono tramontare la caduta del regime a Damasco.

Per favorire la repressione della democrazia, Ahmadinejad si spinge oltre la Intranet recintata con un’altra stoccata nei confronti dei dissidenti politici. L’amministrazione Obama aveva infatti deciso di stanziare 50 milioni di dollari per mettere a loro disposizione un kit anti censura chiamato “Internet in a suitcase”: un set di telefoni cellulari e pc consegnati in una valigetta avrebbe consentito di comunicare anche con la Cia e i servizi segreti Usa bypassando la rete nazionale e sfuggendo così al controllo di regime. Un escamotage che in Iran avrebbe consentito il rifiorire di una nuova Onda Verde, il movimento studentesco che scese nelle piazze contro il regime nel 2009 dopo le ultime presidenziali. Ma il sogno della valigetta anticensura pare sia già tramontato: infatti Heidar Moslehi, ministro dell’Intelligence iraniana, ha dichiarato che il governo ha già predisposto un piano adeguato per rendere inefficace il kit di Obama destinato in primo luogo a  Iran, Siria e Libia.

Alle dichiarazioni di Moslehi si aggiunge l’offensiva del comandate delle forze armate Ahmadreza Pourdastan convinto che l’esercito sia già preparato ad affrontare qualsiasi cyberattacco voluto dall’Occidente. Sulla strategia di difesa da una nuova Guerra fredda virtuale per ora ci sono soltanto dichiarazioni. Ma isolare un intero paese dalla rete globale previene il rischio.

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