Un agguato nello stile della malavita organizzata, in pieno giorno e in pieno centro. Nella Roma dove il sangue scorre sempre più spesso. E ora la paura si mescola anche a vecchi fantasmi, perché il padre della vittima era stato processato (e poi assolto) con l’accusa di riciclare beni della banda della Magliana. Uno degli elementi da approfondire riguardo la morte di Flavio Simmi, 33 anni, ucciso questa mattina con diversi colpi di pistola in quella che pare un’esecuzione.

Sono le 9.30, quando in via Grazioli Lante, nel quartiere Prati, Simmi è fermo a un semaforo con la sua auto, una Ford Ka grigia, in compagnia della moglie. Sono appena usciti dalla loro casa, distante pochi metri, quando alla macchina si affianca una moto scura con a bordo due uomini, con i volti coperti da caschi: inizia l’inferno. I due sparano nove colpi calibro 22: alcuni contro Simmi, altri alle gomme, per non farlo scappare. L’uomo prova a fuggire a piedi, ma è incastrato nell’abitacolo. Rimane riverso sull’asfalto, mentre la moto sparisce, lasciando il posto terrore e polemiche.

L’opposizione di centrosinistra tuona contro il sindaco Gianni Alemanno e invoca l’intervento del ministro dell’Interno Roberto Maroni, parlando di emergenza sicurezza, sull’onda anche del pestaggio di pochi giorni fa nel Rione Monti, che ha quasi ucciso un ragazzo. Alemanno invece chiede con una lettera un incontro proprio a Maroni e parla “di modalità che indicano sicuramente un intervento della criminalità organizzata”. La pista principale per gli inquirenti. Non a caso, a coordinare le indagini sarà la Direzione distrettuale antimafia, guidata dal procuratore Giancarlo Capaldo.

Simmi, con precedenti per lesioni e rissa, era già reduce da un altro agguato. Lo scorso 7 febbraio era stato gambizzato con due colpi di pistola davanti all’oreficeria che gestisce con il padre, Claudio. Nel 1993, proprio Simmi senior era stato arrestato assieme al fratello nell’ambito dell’operazione Colosseo contro la banda della Magliana, eterno crocevia degli affari illeciti nella Capitale. Accusato di essere un riciclatore di beni della banda, Claudio Simmi era stato poi assolto nel processo. Ora gestisce un ristorante nei pressi del ministero della Giustizia, oltre all’oreficeria in piazza Monte di Pietà, di cui si occupava assieme al figlio. Oggi è crollato sul corpo di Flavio, inconsolabile.

Gli inquirenti indagheranno anche nel passato e nelle attività del padre, alla ricerca di possibili moventi per l’agguato. Ma la pista principale porta a una vendetta, da parte di persone legate alla malavita organizzata. Forse la ritorsione per uno “sgarro”, per dirla alla romana. Probabilmente, la stessa ragione dell’agguato di cinque mesi fa, analogo per modalità a quello di questa mattina. Anche quel 7 febbraio gli assalitori erano due, a bordo di una moto, e anche quella sera spararono nove colpi. Due lo ferirono alla gamba, in modo non grave. Dentro l’oreficeria c’era la madre, che uscì urlando: “I figli non si toccano”. Frase significativa, come significativo è il precedente di poche settimane fa, sempre nel quartiere Prati. Un imprenditore, Roberto Ceccarelli, è ucciso davanti al Teatro delle Vittorie, quello di mille spettacoli della Rai: probabilmente da Daniele Pascarella, 35 anni, pregiudicato residente nella Magliana, anche se dell’omicidio si era accusato lo zio 70enne, Attilio.

Di certo c’è che in Prati, zona “borghese” che ospita la sede Rai di viale Mazzini e tanti studi di professionisti, la paura monta. Perché in strada si vedono agguati da film e perché si parla e si indaga su strani giri di affari. Dopo il delitto Ceccarelli il presidente del Municipio, Antonella De Giusti, è stata chiara: “Abbiamo avuto un’attività sequestrata per ‘ndrangheta e un’altra chiusa per reati finanziari”. Di contorno, voci su negozianti ricattati dalla malavita. A chiudere il cerchio, oggi, Alemanno: “Il fatto che il reato si ripeta in quel quartiere può indicare la presenza di una realtà di criminalità organizzata che deve essere debellata”.

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