Il candidato repubblicano Mitt Romney

E’ battaglia all’ultimo dollaro tra Mitt Romney e Jon Huntsman, candidati repubblicani alla presidenza. I due hanno molte cose in comune. “Sono entrambi ricchi, belli, estroversi, con meravigliose capigliature”, dice scherzando Lew Cramer, presidente dello Utah World Trade Center. L’analogia va un po’ più in profondità. Entrambi sono mormoni, con un passato da governatore alle spalle (Romney in Massachussetts, Huntsman nello Utah) e una solida esperienza nel mondo degli affari. Romney è co-fondatore di Bain Capital, società di private equity. La famiglia di Huntsman ha creato uno dei giganti mondiali della chimica. I due sono gli sfidanti repubblicani con più probabilità di vittoria, quelli più capaci di conquistare il voto dei dei centristi, dei conservatori moderati, dei piccoli imprenditori e dei capitalisti di Wall Street. Non è ovviamente soltanto una questione di voti. E’, soprattutto, una questione di soldi.

Si chiude in queste ore il secondo trimestre della campagna per le presidenziali 2012, e i candidati hanno l’obbligo di presentare i bilanci. Quanto hanno raccolto, in termini di finanziamenti elettorali, quanto hanno speso. Gli otto (attuali) contendenti alla battaglia finale con Barack Obama spingono in ogni direzione per far cassa. Si sa che le cose non vanno bene per Tim Pawlenty: i suoi collaboratori sono costretti a lavorare senza stipendio. In difficoltà anche Rick Santorum, fuori dalla grande politica dal 2007, quando fallì il suo tentativo di conservare il seggio da senatore in Pennsylvania (per il quale spese 26 milioni di dollari). E’ partita invece benissimo la campagna di Herman Cain, l’unico candidato afro-americano tra i repubblicani, patron di Goodfather Pizza, uomo d’affari con solide radici in Georgia. Ron Paul, al suo terzo tentativo presidenziale, raccoglie fondi tra i supporter del liberismo libertario. Michele Bachman è la prediletta delle truppe del Tea Party e dei cristiani evangelici. Newt Gingrich può contare su una rete di piccoli finanziatori che donano via Internet.

Gli assegni a più zeri sono però quelli che finiscono nei conti in banca di Romney e Huntsman. Tra gli sfidanti repubblicani, i due sono quelli con i legami più stretti con Wall Street e il mondo degli affari. La parte del leone, sinora, l’ha fatta Romney, che in una sola giornata di fundraising a Las Vegas ha portato a casa 10 milioni di dollari. Secondo fonti non ufficiali, l’ex-governatore del Massachussetts dichiarerà, per il secondo trimestre 2011, oltre 20 milioni di entrate. Romney sta d’altra parte lavorando a questa campagna dal fallito tentativo presidenziale del 2008, quando fu costretto a lasciare il passo a John McCain, il candidato maverick, indipendente, più capace di suscitare speranze e fantasie nel popolo repubblicano. Allora Romney tirò fuori, di tasca propria, 42 milioni di dollari. Questa volta ha preferito contare su una rete di solidi finanziatori. Ha assunto Meg Whitman, l’ex-CEO di eBay, come propria direttrice finanziaria, e ha cominciato a sollecitare contributi dai miliardari della California, del Texas e dello Stato di New York. “Gran parte di quelli che chiamo sono pronti a salire sul carro”, dice la Whitman, che spiega che il tentativo è quello di rappresentare Romney come un businessman prestato alla politica.

E’ invece in salita la strada per Jon Huntsman, che ha annunciato la sua candidatura solo una settimana fa, e che resta un nome ancora poco conosciuto per l’elettore medio americano. La sua base finanziaria e di voti è nello Utah, dove la famiglia Huntsman è conosciuta e rispettata. Qui Jon è riuscito a strappare a Romney alcuni preziosi sostenitori; per esempio proprio Lew Cramer, direttore della Camera di Commercio dello Stato. Il suo messaggio di repubblicano moderato, attento agli interessi della grande finanza e industria, comincia però a fare proseliti importanti anche al di fuori dello Stato dei mormoni. In una sola giornata di fundraising a New York, Huntsman ha portato a casa 1,2 milioni di dollari. La sua esperienza come ambasciatore in Cina ha moltiplicato i contatti con la comunità degli affari. John Mack, chairman di Morgan Stanley, gli ha già garantito l’appoggio.

“Noi repubblicani siamo comunque molto gerarchici, portati ad allinearci dietro il favorito”, spiega Ed Rogers, consulente politico che ha lavorato alle campagne di Reagan e Bush padre. In altre parole, molti potenziali finanziatori vogliono capire chi sarà il candidato più forte, e ricco, prima di contribuire. “Molti ci dicono: ‘Vediamo cosa succede, poi apriremo il portafoglio”, conferma Meg Whitman, la direttrice finanziaria di Romney. Proprio per questo i primi mesi di campagna sono fondamentali. I soldi chiamano altri soldi. Le possibilità di successo rafforzano le aspettative di successo. Wall Street preferisce dunque aspettare. A questo punto della campagna, Romney o Huntsman “pari sono”.

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