E tre. In appena un anno, Rimini vede sbriciolarsi uno dopo l’altro tutti i baluardi del proprio sport professionistico. Dopo il calcio e la pallavolo, infatti, ora è il mondo del basket – e non solo – a disperarsi. Nonostante fossero addirittura primi in quanto a ranking per il ripescaggio nella massima serie, i mitici “Crabs Rimini” da oggi non esistono più. E’ stato l’ultimo Consiglio di amministrazione della società, oggi, a scrivere nero su bianco la parola fine ad ogni illusione di risalita.
Il comunicato più temuto, ma anche più atteso, arriva a metà pomeriggio: “Le diverse trattative volte alla possibilità di individuare nuovi investitori interessati ad ampliare la base sociale sono definitivamente naufragate durante la notte. La società pertanto è stata posta in liquidazione e conseguentemente non potrà iscriversi al prossimo campionato di Legadue scadendo oggi, 30 giugno, il termine ultimo per tale iscrizione. Ciò di fatto – prosegue la nota – ha precluso anche la seconda possibilità ipotizzata, cioè la vendita del titolo sportivo”.

Insomma, dopo ben 64 anni di pallacanestro, Rimini getta la spugna e vive solo nella storia. Una storia che, ricorda ancora la società evidenziando il “grande rammarico di tutti quelli che hanno lottato e sperato fino all’ultimo”, ha “portato grande lustro alla città, oggi apparentemente indifferente”.
Ecco, indifferenza. E’ questa la principale accusa che a maggior ragione oggi una città intera, appassionati e non, muovono a vario titolo al mondo imprenditoriale ed istituzionale locale. Tutto era cominciato con il Rimini Calcio: ironia della sorte, esattamente un anno fa il Consiglio d’amministrazione della Cocif, allora ancora proprietaria della compagine biancorossa dopo l’era del mitico presidente Vincenzo Bellavista, scomparso nel 2007, decise di non iscrivere la squadra al campionato di Prima Divisione e di mandare in liquidazione la società. La crisi economica aveva colpito il club romagnolo ormai da mesi, con la Cocif che già a marzo 2010 decise di farsi da parte per dare spazio a nuovi proprietari. La decisione definitiva del ritiro dal campionato era arrivata dopo aver visto fallire almeno due tentativi di cessione: il club, dunque, fu costretto a ripartire dalle serie minori. In realtà, il Rimini si sdoppiò in due differenti squadre: l’Ac Rimini 1912 del presidente Biagio Amati, che ha rilevato il settore giovanile e le strutture del vecchio club e che quest’anno è stato promosso dai dilettanti alla Lega Pro insieme con il Santarcangelo, e il Real Rimini di Danilo Pretelli, tuttora in Eccellenza Emilia Romagna.
Quelli dell’estate 2010 furono forse i giorni bollenti per il calcio cittadino: tutti ricordano gli assidui colloqui tra i nuovi responsabili dei due club sorti dalle ceneri del vecchio Rimini e l’allora sindaco Alberto Ravaioli, sempre accompagnato dal fedelissimo assessore allo Sport Donatella Turci. Sindaco e assessore valutarono a lungo su come e a chi assegnare sia lo stadio “Romeo Neri”, tuttora in pessime condizioni e oggetto di scontri istituzionali, sia i colori sociali della squadra, ma alla fine prevalse l’Ac Rimini di Amati. Ravaioli e Turci, mentre in città infuriavano le polemiche, decisero che lo stadio riminese, l’unico sul territorio comunale omologato per disputare il campionato di serie D, doveva essere messo a disposizione soltanto del club di Amati. Il regolamento comunale degli impianti sportivi prevede che a parità di richieste il sindaco conceda lo stadio alla società che ha più tesserati: l’Ac Rimini 1912, assorbendo il settore giovanile del vecchio Rimini, si fece preferire al Real.
Dal calcio alla pallavolo, il passo non è stato lungo. I fatti risalgono ad appena qualche settimana fa. Paolo Stefanini, presidente della Viserba Volley, la squadra più attrezzata a livello comunale, rinunciando alla serie B1 aveva detto basta chiarendo che “se la pallavolo riminese a livello nazionale chiude, il motivo principale va ricercato nelle oggettive difficoltà economiche che oggi impediscono alle imprese di sponsorizzare lo sport”.

Non è stata solo una questione di soldi, diceva Stefanini promettendo comunque di portare avanti tutte le attività in capo al settore giovanile: “Abbiamo evitato l’annuncio di questa decisione durante la campagna elettorale, ma al proposito abbiamo i nostri giudizi e non li abbiamo mai nascosti, da troppi anni l’amministrazione agisce con basso profilo a proposito di sport”. Ovvero, “alla voce ‘strutture sportive’ sono state imputate cifre irrisorie, e la condizione attuale deriva da anni con zero investimenti veri e dall’attività di personale politico non all’altezza e senza potere”, attaccava Stefanini. Sulle colpe dell’amministrazione comunale era intervenuto anche il presidente provinciale del Coni, Donato Mantovani, che prima di tutto si era detto “allibito e dispiaciuto che Rimini perda la sua unica rappresentativa nazionale nella pallavolo: certo, per altri sport, il calcio e il basket, le amministrazioni cercano di spendersi per aiutare le società dal punto di vista economico, mentre mi risulta che fino ad oggi non c’è mai stato un interessamento per altre attività”.
Insomma, Ravaioli e Turci hanno lasciato tutto fuorché un buon ricordo agli addetti ai lavori. Si sa che un Comune, più che mai in un campo come lo sport e la sua gestione, infrastrutture in primis, non può avere la bacchetta magica, ma di certo può coinvolgere, stimolare, mostrarsi pronto, prestare fede agli impegni presi, valutare il merito e non le mere conoscenze. Bene, in tempi in cui non si parla che di merito, soprattutto in casa del centrosinistra, la sorpresa è stata che proprio l’ex assessore allo Sport è stata promossa a presidente del Consiglio comunale nella nuova amministrazione del sindaco Andrea Gnassi. L’elezione di Turci, fra l’altro moglie dell’unico consigliere regionale del Partito Democratico riminese Roberto Piva (i due in città sono meglio noti come “la coppia d’oro del Pd”), ha scatenato ovviamente una raffica di polemiche proprio sulla base dei ‘risultati’ conquistati dall’ex fedelissima di Ravaioli sul fronte sportivo.
Dopo calcio e volley, comunque, ci mancava solo il basket. I Crabs hanno giocato tutta la stagione sapendo che, molto probabilmente, sarebbe stata l’ultima tanto ampie erano le difficoltà finanziarie della società. Si era parlato della fusione con gli Angels di Santarcangelo, ma nulla da fare. Lo storico numero uno dei Crabs Luciano Capicchioni fino all’ultimo ha cercato di scongiurare la liquidazione, ma è andata male: basti pensare che l’anno scorso c’erano state sponsorizzazioni per 600 mila euro in più rispetto a quest’anno. Il settore marketing dei Crabs, in un anno, ha reperito solo 50 mila euro, la metà in cambio merci.
Oggi, restano solo le parole. Ad esempio, quelle di Gnassi e del presidente della Provincia di Rimini, Stefano Vitali, che in queste ore assicurano di esserci e di voler ripartire sul modello della promozione dell’Ac Rimini quest’anno. Il sindaco parla di “ferita grandissima, che lascia tanta amarezza, ma almeno il fallimento dei Crabs costringe la città, dagli imprenditori agli albergatori e alle banche fino ai semplici cittadini, a chiedersi quanto vuole investire nello sport”.

Vitali, noto anche per aver esibito in più occasioni la t-shirt con il mitico granchio dei Crabs, ritiene che ci sia ancora “una prospettiva” ma sottolinea: “Questa è una giornata pessima, pessima davvero. Emozioni a parte, si chiude- male- un percorso che aveva visto molti, me compreso, metterci la faccia e impegnarsi in prima persona per svegliare gli imprenditori locali dal loro torpore”.

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