“Ma dici a me? Ehi con chi stai parlando? Dici a me? Non ci sono che io qui. Dì, ma con chi credi di parlare tu?”. Eccolo l’allucinato Travis Bickle, alias Robert De Niro, davanti ad uno specchio con giacca militare e una semiautomatica killer da sfoderare, nel monologo centrale di Taxi driver diretto nel 1975 da un non ancora celebre Martin Scorsese.

Film dal valore inestimabile per la storia del cinema mondiale, palma d’oro a Cannes nel ’76 (la prima vera palma d’oro postmoderna e americana) che domani, giovedì 30 giugno alle 22 in Piazza Maggiore a Bologna, potrete rivedere in tutto lo splendore della versione restaurata dalla Sony Columbia.

Ennesimo tassello di un’edizione del Cinema Ritrovato che dopo le proiezioni monster con tanto di 7-8mila spettatori per Nosferatu di Murnau, Il ladro di Bagdad e Il conformista di Bertolucci, va assolutamente segnata negli annali della manifestazioni culturali estive della città.

Chicca, perlopiù inedita, per gli appassionati e non solo, una bella intervista che vedremo prima del film, dove Martin Scorsese racconta la nascita di Taxi driver, registrata nell’anteprima newyorchese di questo restauro nel marzo scorso, proprio nella città culto degli anni settanta su cui il film fondò il suo immaginario scenografico.

“Uno dei primi libri che mi ha colpito profondamente e che volevo adattare, così come altri romanzi dello stesso autore, è Memorie del sottosuolo di Dostoevskij. E il copione che Paul Schrader scrisse era ciò che più si avvicinava al romanzo di Dostoevskij. Me ne sono reso conto solo un paio d’anni dopo la realizzazione del film”, racconta Scorsese, “mi pare che ci fosse uno sciopero degli spazzini. Era la metà degli anni ’70 e a New York andava tutto a rotoli. Il governatore ci aveva mandato al diavolo, disse che non ci avrebbe aiutato. Nello script c’era scritto che Bob doveva andare su e giù per l’ottava, tra la 42esima e la 57esima. Era perfetto! Era la zona in cui si riprendeva di più il senso di violenza in città. Anche se faceva parte del mio background a New York, l’aria di violenza in quella zona d’estate, di notte, era palpabile. Si percepiva chiaramente ed a volte era molto pesante”.

In molti ricorderanno un De Niro ancora giovane, con una faccia smunta e un’anima devastata dall’odio e dalla violenza (“state a sentire stronzi figli di puttana ne ho abbastanza, ho avuto troppa pazienza con voi sfruttatori, ladri, assassini, vigliacchi”), impossessarsi del protagonista e donarlo alla storia della settima arte: “Ho sempre detto che il film si regge sul modo in cui Bob tiene dritte la testa e la schiena. Nel controcampo su di lui, il mio punto di vista, era tutto lì, praticamente. Quando mi chiedeva come muoversi gli dicevo di fare gesti semplici”.

Questo ed altri aneddoti sulla lavorazione di Taxi driver, tra cui la scelta di Bernard Hermann, compositore di Hitchcock, per la colonna sonora, il gusto vintage per il restauro del film trentacinque anni dopo, oltre ad un Paul Schrader straordinariamente loquace e legato visceralmente alla scrittura del film (“La scrittura di questa sceneggiatura è stata un’autoterapia. Stavo attraversando un periodo molto buio. Ero in condizioni disperate. Questo personaggio iniziò a impossessarsi della mia vita. Sentii che dovevo metterlo nero su bianco per non diventare come lui”) attendono ancora una volta i bolognesi, e non solo, per un’altra serata da record.

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