Ventotto miliardi e altri più di 50 che dovranno arrivare dalle privatizzazioni, il tutto su base quinquennale. Sono queste le risorse che il governo Papandreou conta di recuperare con il durissimo piano fiscale di mediotermine. Per sapere quali sono le misure nello specifico bisognerà aspettare almeno il voto procedurale di domani, ma il quadro generale al momento è questo.

Innanzitutto arriva un ulteriore taglio degli stipendi pubblici, questa volta soprattutto di quelli dei funzionari di grado più elevato che guadagnano fino a 18 mensilità. Per snellire il sovradimensionato settore statale greco è poi previsto un accorpamento degli enti, cioè una ulteriore riduzione del numero dei dipendenti. Per farlo, serviranno delle modifiche costituzionali, che renderanno possibile per il Governo licenziare con ammortizzatori sociali i lavoratori in esubero. Che riceveranno il 60 per cento del loro stipendio di base per un periodo di 12 mesi. L’obiettivo è quello di attuare 150mila tagli entro il 2015, il 20 per cento della forza lavoro statale.

La soglia di esenzione fiscale per i greci poi scende da 12mila a 8mila euro, quindi anche i redditi che finora erano esenti, quelli più bassi, intorno ai 600 euro al mese, dovranno pagare. E’ previsto anche un prelievo di solidarietà una tantum, simile a quello che ci fu in Italia nel 1992: sarà compreso tra l’1 e il 5 per cento e dovrebbe essere applicato ai pensionati e ai lavoratori dipendenti. Non solo. Tra le misure fiscali c’è anche una minimum tax per i lavoratori autonomi.

Fin qui i tagli. Poi ci sono gli aumenti. Cresceranno le tasse sul gasolio da riscaldamento e le accise sulla produzione di benzina, il cui prezzo da poco più di un anno a questa parte è già raddoppiato. Poi c’è il capitolo delle privatizzazioni: che nella pratica significa altri licenziamenti, visto lo stato disastrato delle casse di molto società pubbliche e semi pubbliche del Paese. Nel 2011 verranno messi in vendita i pacchetti azionari che il governo detiene in aziende come Dei, la società elettrica statale, nella compagnia delle lotterie e in quella delle corse dei cavalli, nel porto del Pireo, nelle società che gestiscono l’acqua e le fognature ad Atene e Salonicco, nelle ferrovie statali. Il problema è trovare chi le voglia comprare. Perché, se quelle più appetibili hanno già acquirenti esteri che si sono messi in coda, per le tante altre che versano in condizioni disperate il futuro non promette nulla di buono. Come per le ferrovie di Stato che negli anni hanno accumulato debiti per 10 miliardi di euro.

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