Avevano una società di “recupero crediti”, controllata da un’altra società di San Marino, dietro la quale, però, si celavano condotte ricattatorie. Ricatti che non si limitavano a pretese di denaro o minacce verbali, ma arrivavano anche all’aggressione fisica.

Sono stati arrestati questa mattina i nove componenti del gruppo criminale. Il Gico, il gruppo di investigazione sulla criminalità organizzata della guardia di finanza, ha emesso infatti nove ordinanze di custodia cautelare in carcere per estorsione, con l’aggravante mafioso; tre delle quali a soggetti già detenuti. I nove erano dediti ad attività estorsive nella zona romagnola e in provincia di Pesaro-Urbino. Sono per lo più persone di origine campana.

Il Nucleo di Polizia Tributaria della guardia di finanza di Bologna, insieme alla questura della provincia di Pesaro e Urbino, ha eseguito le catture a Petriano (PU), Castelfranco Emilia (Modena), Brusciano (Napoli), Rimini e San Leo (Rimini).

Al vertice del gruppo c’era Francesco Vallefuoco, già in carcere per reati simili. Così come altri due dei nove soggetti arrestati: Salvatore Leonetti e Pasquale Perrone, che erano in contatto con Vallefuoco. Quest’ultimo era già detenuto grazie all’operazione dello scorso 22 febbraio a Modena, quando furono arrestate cinque persone, indagate per tentata estorsione e lesioni, con l’aggravante mafiosa. Gli indagati, in quell’indagine, avevano ricorso alla forza intimidatrice che derivava dalla loro appartenenza o vicinanza al Clan dei casalesi.

Sarebbero comunque Perrone e Leonetti i punti di contatto tra le indagini condotte dal Gico a Bologna e quelle della questura di Pesaro e Urbino. Ed erano loro inoltre a fare la “manovalanza”, a chiedere insistentemente il denaro e a compiere aggressioni fisiche.

L’attività del gruppo di Vallefuoco era comunque connessa al compimento di condotte di natura ricattatoria.

Un episodio in particolare ha interessato un imprenditore di Urbino, che veniva ripetutamente intimidito al fine di versare una cifra superiore ai 70 mila euro. L’imprenditore era debitore di quella cifra a C.M., rappresentante pubblicitario dell’arredamento (anch’egli arrestato), il quale senza attendere l’iter fallimentare per ottenere il credito, aveva preferito rivolgersi all’agenzia di recupero crediti; agenzia controllata da una società di San Marino, dietro la quale si celavano pestaggi e la cui compagine societaria è cambiata più volte.

La società, infatti, non si è limitata solamente a pretese di denaro e minacce verbali, estese anche ai collaboratori, ma è arrivata addirittura all’aggressione fisica della vittima. Inoltre la richiesta di denaro non si fermava al debito di 70 mila euro, ma era comprensiva di una provvigione per il “servizio” del gruppo criminale.

L’indagine è durata qualche mese ed è il frutto della collaborazione della polizia e della guardia di finanza, coordinati dal Procuratore della Repubblica, direzione distrettuale antimafia, Roberto Alfonso, e dal sostituto Enrico Cieri.

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