Busto Arsizio – Dell’esistenza di gruppi neofascisti nessuno si scandalizza quasi più. In Italia hanno lo stesso diritto di cittadinanza al pari di qualunque altra fronda politica o pseudo tale. Tutto sembra essere lecito e scontato. Così diventa possibile ripescare dalla memoria un vecchio emblema fascista e pubblicarlo su un volantino per pubblicizzare una festa, abbinandolo addirittura ad uno stemma comunale, fascistizzato per l’occasione.

Succede a Busto Arsizio, in provincia di Varese, dove un gruppo vicino all’estrema destra (Skinhouse Milano) ha diffuso nei giorni scorsi un volantino che annuncia un evento per questa sera, la “Busto Arsizio skinheads fest!” (pubblicizzato anche tramite Facebook). In città è comparso un volantino nero che strizza l’occhio ad una certa retorica, con accenni gotici e toni cupi, su cui si leggono i nomi dei gruppi musicali invitati a suonare, i Soliti sospetti e i Koma etiliko. A suscitare l’indignazione degli antifascisti della città non è l’evento in sé, ma il significato simbolico con cui gli organizzatori hanno voluto caricarlo. In un grosso tondo nella parte bassa del volantino è infatti stampata un’elaborazione grafica dello stemma della città di Busto Arsizio, affiancato per l’occasione da due fasci littori. È chiaro che non è più solo una festa per quattro nostalgici, ma diventa qualcosa di più profondo.

Non è la prima volta che succede. Nel 2009 una festa indetta dagli stessi organizzatori era stata pubblicizzata sempre attraverso un volantino accompagnato dal simbolo incriminato. In quell’occasione concerto venne bloccato in extremis dalla Questura di Varese, per la mancanza si alcuni permessi necessari allo svolgimento dell’evento. Oggi come allora sul volantino non c’è nessuna indicazione sul luogo scelto per la festa, anche se le prime informazioni si trovano già sulla pagina Facebook. Un po’ come avviene per i rave clandestini anche le teste rasate per la loro festa forniscono informazioni alla spicciolata, in modo da poter scongiurare interventi esterni che potrebbero rovinare l’evento. Presenti e orgogliosi, ma prudenti.

Di fronte a tanta sfrontatezza sono arrivate subito le proteste, sollevate dal comitato antifascista della città, che si è premurato di contattare il sindaco Gigi Farioli: “Ci auguriamo che lei e le istituzioni democratiche, nonché le autorità preposte a intervenire, si attivino per prevenire ed evitare la realizzazione di tale raduno o di altre iniziative simili. Confidiamo, con questo appello, nel senso civico e democratico di chi dirige e di chi rappresenta a vario titolo la città. Invitiamo tutte le forze antifasciste e democratiche a prestare massima attenzione e vigilanza”. Parole a cui hanno fatto seguito anche quelle dell’Anpi di Busto Arsizio, che ha chiesto l’intervento degli organi preposti “al fine di scongiurare che si riesca a dare visibilità a gruppuscoli reazionari e neofascisti indegni di un consesso democratico”. Il sindaco della città, Gigi Farioli, ha fatto sapere di non essere stato a guardare e, anzi, di aver interpellato le forze dell’ordine per contrastare ogni manifestazione contraria alla legge.

Il fattoquotidiano.it ha provato ad entrare in contatto con Skinhouse Milano, per capire dalla viva voce degli organizzatori cosa li spinga, nel 2011, a rincorrere ancora la retorica di un passato remoto, richiamando i simboli di un periodo che molto probabilmente non hanno mai vissuto in prima persona. Per capire se nel preparare la locandina con i fasci littori erano consapevoli del fatto che avrebbero generato polemiche e, in questo caso, se lo hanno fatto consapevolmente, magari per provocare o per cercare la ribalta. Purtroppo non c’è stata possibilità di un vero confronto: “Non abbiamo alcun interesse ad alimentare sterili ed inutili polemiche – hanno detto da Skinhouse Milano -, non siamo interessati a rilasciare dichiarazioni se non quella che vogliamo farci una festa per e tra di noi”. Che le danze abbiano inizio

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