Avrò le capacità? Avrò talento? Avrò orecchio? Sarò portato per la musica?

Sono domande che è quasi inevitabile porsi quando si inizia a suonare ma, forse, non ci si chiede mai a quali capacità si faccia riferimento.  Ci vuole il fatidico Orecchio, bisogna essere “portati… Ma cos’è questo Talento musicale che tutti sperano di possedere?

Ovviamente le risposte possibili sono parecchie e molti sono i tentativi di dare un senso “oggettivo” a questo concetto che, secondo alcuni, sarebbe possibile misurare in modo standardizzato, univoco, universale. Se, però, provo a “ignorare” per un attimo tutte queste teorie o scuole di pensiero, e guardo alla mia esperienza diretta di insegnante, mi viene da dire che il Talento musicale (con la T maiuscola) non esiste. Non esiste soprattutto se si tenta di definirlo a prescindere dalle culture musicali a cui ci si accosta, a prescindere dagli obiettivi che ci si pone – o che qualcuno o qualcosa ci impone -; è abbastanza lapalissiano constatare che musiche diverse richiedano attitudini diverse.

Però, ci sarà pure la possibilità di definire cos’è il Talento in musica…

La risposta è ancora:­­ no!

Per  togliersi dall’empasse forse è meglio porre la questione in termini diversi e complicare un po’ il tutto uscendo dal pensiero “unico” e adottandone uno “plurale” chiedendosi quali siano, e come siano riconoscibili, capacità, attitudini, predisposizioni che concernono le musicalità dell’essere umano nelle loro possibili manifestazioni. In questi 15 anni di insegnamento, non ho mai trovato un allievo uguale all’altro e ho toccato con mano, ho scoperto, tantissimi generi di qualità musicali che si possono combinare tra loro, a volte in modo interdipendente, sia in modo armonico sia sconnesso, in tempi e modi che variano anche all’interno delle “carriera” musicale di uno stesso soggetto.

Provo a fare un parzialissimo elenco:

– Capacità di riconoscere le altezze. E’ ciò che nel discorso comune viene definito “orecchio”; sembra essere l’ostacolo che incute più timore, saper riconoscere le note così come si riconoscono i colori. C’è chi ha un buon orecchio sin da subito, chi fa più fatica, ma c’è chi è più bravo a riconoscere e riprodurre una melodia, chi invece è più portato a riconoscere un giro armonico, quindi altezze sovrapposte; non è così scontato decidere quale delle due cose sia più facile: dipende dalle persone.

– Ritmo. Imparare a suonare a tempo, o meglio: essere consapevoli degli impulsi ritmici , imparare a giocarci.

– Suono. Capacità di avere un buon suono sul proprio strumento, un suono più o meno personale, potente, delicato, una pronuncia elegante o rozza. Orecchio timbrico, si potrebbe dire.

Dato che mi occupo di improvvisazione, bisogna che elenchi alcune tra le attitudini che la riguardano, quindi: fantasia, memoria, capacità di ascoltare gli altri, capacità di ascoltare e imitare, capacità di ascoltare e fare qualcosa di diverso, saper rispettare gli altri, mettersi in gioco, prendersi delle responsabilità, prendersi e dare spazi.

Dicevo: ogni allievo che ho incontrato partiva con un mix diverso di queste e altre attitudini, ognuno poi in grado di svilupparle con tempi e processi diversi: ho imparato a lasciar perdere le previsioni su ciò che ci si poteva aspettare dalla crescita musicale di ognuno, non sono estranee alla musica tenacia  e convinzione. Compito di un insegnante potrebbe essere quello di aiutare ad armonizzare le varie capacità, sia cercando di migliorare gli aspetti in cui uno è o si sente più debole, sia valorizzando il più possibile le caratteristiche peculiari di ognuno.

Insomma, c’è chi ha un bel suono, chi ha più fantasia, chi riesce a riprodurre meglio e più velocemente ciò che gli viene proposto, chi ha più ritmo… In  musica siamo tutti diversamente abili.

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