Il senso della serata che ieri ha chiuso l’edizione 2011 del Premio Ilaria Alpi sta tutto nelle parole di Luciana Alpi prima. E in quelle di Roberto Morrione dopo. “Non parteciperò mai più a un’udienza in cui si parli di mia figlia. Sono profondamente delusa dal lavoro della magistratura e dalle istituzioni.” si è sfogata in collegamento telefonico la madre della giornalista uccisa in Somalia. L’aveva già detto qualche giorno fa alla stampa. Ma ieri l’ha voluto ripetere, ancora più indignata, al pubblico riunito al Palacongressi di Riccione. La sua voce commossa, a tratti spezzata, ha dato il via alla premiazione, che si è chiusa invece con la messa in onda di una denuncia fatta da Morrione nel 2009, quasi due anni prima che la malattia prendesse il sopravvento: “In Italia molti non sono editori ma comitati d’affari”.

Ed ecco allora che è nella ricerca della verità (quella giudiziaria nel caso di Ilaria Alpi) e nella difesa della libertà dell’informazione che si possono condensare questi quattro giorni di dibattiti sul giornalismo d’inchiesta. A fare da padroni sono state le rivolte del Maghreb e i suoi protagonisti. A partire dal video di Lucia Goracci, che per aver raccontato le avanzata delle forze di Gheddafi nei territori della rivolta libica si è conquistata il premio per il miglior servizio da tg. E poi nelle straordinarie immagini del miglior reportage internazionale, firmato dal reporter francese Gilles Jacquier e girate in mezzo alle rivolte di Kasserine, in Tunisia. Ma anche in quelle di Gian Micalessin, che è stato tra i ragazzi libici per far capire quanto le loro esigenze non siano poi così distanti da quelle dei loro coetanei italiani, e infine nel servizio realizzato da Danilo Lupo per la televisione salentina Telerama, che documenta i rastrellamenti di profughi tunisini tra Manduria e Oria.

Dalla Puglia alla Lombardia, un altro racconto sulla vita sempre in bilico degli stranieri in Italia ha vinto il premio per il migliore reportage breve. “La sanatoria: quelli della gru”, trasmesso da Annozero e realizzato da Luca Rosini, è la storia degli immigrati che a Brescia sono restati 15 giorni sulla gru per protestare contro la sanatoria colf e badanti. Il riconoscimento dedicato ai reportage lunghi è andato a”Evasori”, l’impietoso ritratto di un’Italia che evade dai 140 ai 150 miliardi di euro all’anno, firmato Domenico Iannacone e Danilo Procaccianti (vinto in ex-equo con il lavoro di Gian Micalessin). Per gli under 33 un premio tutto loro, quest’anno assegnato a Martina Proietti, che insieme a Giovanni Pompili, ha fatto vedere cosa sono costrette a fare le giovani che vogliono avere un figlio nonostante il lavoro precario. Con il documentario “Di tessuti e altre storie”, premiato per Ia Doc Rai Tre, Teresa Paoli ha invece voluto mostrare gli effetti della globalizzazione sui piccoli artigiani di Prato. Vinto da due donne anche il riconoscimento della critica, andato a “Le perseguitate, un lavoro di Anna Migotto e Sabina Fedeli sulle donne vittime di stalking.

Nel mezzo della serata anche un video messaggio di Roberto Saviano, a cui la giuria ha voluto riservare uno speciale riconoscimento: “Fare verità allo Stato non conviene, ma l’Italia è piena di talenti e bisogna ripartire da lì” ha detto lo scrittore che, per motivi dei sicurezza,non ha potuto partecipare di persona all’evento. Un premio speciale è andato anche agli oltre cinquantanni di carriera dell’inviato ed editorialista di Repubblica Bernardo Valli, che è salito sul palco accompagnato da un altro veterano (ma della televisione) come Demetrio Volcic.

E infine una menzione a Ergastolo bianco, il filmato girato durante la commissione d’inchiesta parlamentare, che ha riaperto il drammatico capitolo degli ospedali giudiziari italiani. Le immagini sono strazianti, le urla degli internati insopportabili. Sul palco a parlare dei 1500 invisibili degli Opg non è salito un giornalista ma il senatore Ignazio Marino, che mesi fa ha visitato tutte le strutture sparse nel territorio italiano. E che davanti al pubblico di Riccione ieri ha promesso: “Non saremo come quelle commissioni che guardano, compilano due fogli e se ne vanno. Faremo uscire queste persone e daremo loro la possibilità di essere curati dignitosamente”.

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